Se la famiglia è poco istruita aumenta il rischio di lasciare gli studi. All’università il rapporto peggiora. Un danno per lavoro e carriera

(di Rosaria Amato – repubblica.it) – ROMA — La scuola è aperta a tutti in Italia, come stabilisce l’art.34 della Costituzione. Ma per i figli dei laureati lo rimane molto più a lungo che per i figli di genitori che si sono fermati alla licenza media o elementare. Secondo l’ultimo report Istat sui “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali” si laurea solo il 12,8% dei giovani i cui genitori hanno un basso livello d’istruzione, mentre tra i figli dei laureati il tasso di chi arriva al traguardo universitario raggiunge quasi il 70% (40,3% per chi ha almeno un genitore con un diploma di scuola media superiore).
Ma non si tratta solo della laurea: la carriera scolastica di chi viene da una famiglia con un basso livello d’istruzione spesso si ferma molto prima. Nel 2023 quasi un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni, con i genitori che avevano al massimo la licenza media, aveva abbandonato gli studi prima di arrivare al diploma. Ma il tasso di abbandono scolastico del 23,9% scende al 5% se almeno uno dei genitori ha un titolo secondario superiore, e all’1,6% se la madre o il padre è laureato.

Dati che denunciano con forza come in Italia i percorsi d’istruzione abbiano perso completamente il ruolo di ascensore sociale. Senza perdere però invece il loro rilevante valore in termini economici e di carriera: il tasso di occupazione dei laureati nel 2023 raggiunge l’84,3%, 11 punti percentuali in più rispetto a chi ha solo un diploma di scuola secondaria superiore, e ben 30 in più rispetto a chi si è fermato alla licenza media. Solo che, evidentemente, questo percorso di studi che offre decisamente maggiori opportunità, e che ancora pochi giovani in Italia intraprendono, rispetto alle medie europee, non è accessibile a tutti.
Il percorso umano e lavorativo di chi viene da una famiglia con un basso livello d’istruzione rimane fortemente a ostacoli, e i dati Istat lo descrivono in tutte le sue tappe. Dal momento che in un caso su quattro abbandona gli studi prima di arrivare al diploma, rientra molto facilmente nel bacino del part-time involontario: per i laureati il tasso è del 55,8% contro il 77% di chi ha un livello basso d’istruzione. Anche il lavoro a termine è più diffuso tra chi ha un basso livello d’istruzione. E se poi l’early leaver vive nel Mezzogiorno rischia fortemente di non trovare nessun tipo di lavoro, né precario né part-time: il tasso di occupazione medio di chi abbandona la scuola precocemente è già molto basso, del 44% (seppure in aumento del 5,4% rispetto al 2022) ma al Sud scende al 31,4%, contro il 59,6% del Centro e il 57,1% del Nord.
È molto facile quindi che un early leaver finisca per diventare un Neet, sigla che da anni la statistica utilizza per indicare i giovani usciti dai percorsi di istruzione e non ancora occupati. Apostrofati nei modi più vari, da nullafacenti al più mite “bamboccioni”, i Neet in realtà sono troppo spesso giovani bloccati in un limbo da cui nessuno prova davvero a tirarli fuori. Quasi un Neet disoccupato su due cerca lavoro da almeno un anno, rileva l’Istat, con una prevalenza di residenti nel Mezzogiorno in questa condizione. E, sorpresa, in questo caso neanche la laurea paga: il 43,1% dei Neet disoccupati ha concluso il percorso universitario, contro il 31% di chi si è fermato alla licenza media.
Per chi non riesce a trovare un lavoro la formazione potrebbe essere un aiuto importante. Ma in Italia non funziona neanche quella: la quota dei disoccupati in formazione è del 6,9%, la metà di quella europea (14,1%). Tra chi lavora, la formazione è una realtà soprattutto per i laureati (25,2%), mentre è quasi inesistente per chi ha solo la licenza media (3,2%).
Bella scoperta! I figli dei laureati hanno più possibilità economiche e anche di sostegno nello studio. In particolare poi se i figli studiano le stesse materie dei genitori. Forse non tutti sono a conoscenza che, per esempio, i notai sono generalmente figli di notai. Questa statistica scopre l’acqua calda e aggiungo che, dato l’impoverimento della classe media, questa valutazione statistica è destinata a regredire velocemente dato che dei “vantaggi” che ho citato ne rimarrà solo uno perché ormai pagare l’università diventa sempre più oneroso.
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Tutti i farmacisti sono figli di farmacisti (quasi impossibile trovarne uno che non lo sia) e la percentuale di professori universitari (titolari di una cattedra) figli di professori universitari è “statisticamente sospetta”. Del resto tutti i ministri sono figli, nipoti o parenti acquisiti di qualche ministro (le eccezioni sono veramente rare).
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Evidentemente una “poltrona” in Parlamento vale ben più di una Laurea, è sufficiente la Licenza Elementare e non occorre neppure avere una fedina penale “pulita”!
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In tempi non sospetti c’era il pagliaccio di Arcore a sostenere che non si poteva pretendere che il figlio di un lavoratore potesse avere le stesse possibilità del figlio di un architetto, ingegnere o altro”laureato”. Già raccomandava di rassegnarsi che, le lotte per l’ascensore sociale degli anni ’60 e ’70, erano tramontate.
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La qualità della stampa italiana nel suo complesso peggiora sempre più
L’ennesimo articolo che parla sempre degli efffetti e mai delle cause; sia mai che il lettore/elettore acquisti maggiore consapevolezza della realtà.
Il tema è la mobilità sociale e snocciola una serie di dati che sono utili a comprendre l’entità del fenomeno, non di certo le cause.
La causa primaria è la bassa crescita; l’Italia non cresce sia in termini quantitativi, sia in termini qualitativi; non si riesce a produrre di più e ciò che si produce ha un valore aggiunto modesto non tanto in termini finanziari, quanto in termini tecnologici.
Non servono competenze elevate per produrre ciò che si fa in Italia, al netto delle poche eccezioni che ancora esistono e al di la dei proclami del made in Italy
In un contesto del genere le reti relazionali, il clientelismo ed il nepotismo la fanno da padroni e chi meritevolmente ha acquisito competenze elevate, se non dispone delle “giuste conoscenze”è tagliato fuori.
La bassa crescita è inoltre causa primaria dei bassi salari e della precarizzazione; aspetto che produce un forte disincentivo a investire nella formazione ed amplia la platea dei NEET (Not in Employment, Education and Training) gente che si trova ai margini della società, per non dire esclusa.
In estrema sintesi si può dire che se lo sviluppo complessivo è limitato, è difficile migliorare la propria condizione sociale ed economica.
Chi possiede di più si trova avvantaggiato rispetto a chi ha di meno, ma per tutti si tratta di una folle gara a marcia indietro dove chi ha di più va “meno indietro” rispetto a chi ha di meno, ma sempre indietro va.
La bassa crescita ha, a sua volta, le sue cause, ma questo è un’altro argomento.
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