(Gioacchino Musumeci) – Secondo quanto riporta il Giornale la presidente del consiglio Giorgia Meloni sostiene in riferimento a Fanpage che “ infiltrarsi nei partiti è metodo da regime”. E’ il momento di un commento mirato a demolire questo sproposito. Il vittimismo di protocollo era previsto e non ha tardato a palesarsi ma la presidente del Consiglio deve darsi una regolata. O alla Meloni mancano basi per interpretare uno scenario oltre l’orizzonte del proprio naso, oppure non è interessata a risolvere il problema dei nazifascisti di cui, incredibilmente, ignorava l’esistenza lei per prima oltre gli efficientissimi delegati scelti per la gestione del suo partito di futuri fascisti col pedigree. E questa, per sfortuna, non è una battuta.

Se le nazifascistone antisemite ascese nelle caselle top di Gioventù Nazionale non fossero state smascherate, essendo geniali nel nascondere la loro vera natura ai poveri Meloni e Donzelli d’Italia, avrebbero proseguito indisturbate la carriera politica spinte, per la loro fervente passione contro il “ nulla che avanza”, verso posizioni di vertice politico nazionale, troppo difficile prevederlo?

Nessuno avrebbe sospettato che ammiratori eccellenti di Adolf Hitler potessero ambire a cariche pubbliche col rischio concreto che potessero giungervi. Casualmente le due signorine occupavano posizioni di vertice in Gioventù Nazionale, come ci sono arrivate? Non è grandioso scoprire una sorta di setta nazifascista sotterranea nel partito di maggioranza del governo? Almeno questo vorrebbero farci credere dello scenario di vergogne sovrapposte che avremmo dovuto ignorare.

L’idea vaga che pericolosi nazifascisti, antisemiti, omofobi sotto mentite spoglie possano gestire qualcosa oltre il cortile della loro dimora, farebbe inorridire chiunque, Meloni esclusa? Così le due fascistone, e perché no il loro amici mai traditi in birreria, avrebbero portato idee aberranti coltivate all’ombra di italiani ignari, forse in parlamento, a palazzo Chigi, oppure più banalmente in un consiglio comunale, alla Rai e chissà dove ancora.

Cosa potrebbero partorire disagiate conclamate poste nelle condizioni di legiferare, non é dato sapere. L’ostinazione a sostenere che il metodo di Fanpage sia regime è un chiaro segnale di incoscienza che non tiene conto né del ruolo politico rivestito, né di un atteggiamento teso a nascondere un preoccupante sottobosco di estremismo venuto alla luce per il lavoro meticoloso di giornalisti. A questi il partito, ventre di amanti scalpitanti del nazifascismo proiettati verso la più grande galassia politica nazionale, addebita comportamenti assimilabili ai regimi.

Purtroppo reazioni tanto scomposte da vertici politici di FDI evidenziano quanto basta chi il regime lo coltivi in casa propria, e a sua insaputa.

Ma oltre vaghe promesse di protocollo, la sostanza che toccano con mano i cittadini è rabbia per fatti scomodissimi alla portata di milioni di Italiani dopo un inchiesta clamorosa e divellente. Da una presidente del consiglio si attendono dichiarazioni credibili, volontà ferrea e inoppugnabile di ripulire il partito da rifiuti ideologicamente pericolosi di cui “nessuno aveva contezza”. Potremmo pure bercela ma la Meloni non si arrende e rovina tutto: evidentemente i fascisti nei partiti della Repubblica non devono essere identificati. Chi ci prova è accusato pubblicamente di ricorrere a metodi da regime. E la paradossale accusa viene dalla leader del partito che pur dichiarando gli antisemiti inquilini sgraditi, li avrebbe tenuti ben nascosti, a sua insaputa, finché qualcuno non se ne fosse accorto. Poi però, come si vede, piuttosto che ringraziare avrebbe gridato alla minaccia del regime vanificando la flebile immagine democratica del suo avatar politico.