(Giancarlo Selmi) – L’avversione della meloni alle domande dei giornalisti pare abbia fatto scuola. Anche fra i non politici. Vedi Spalletti. Chissà se la sua visita ad Atreju non abbia agevolato la tendenza. Allenatore entrato a Coverciano con tutti i favori, partito per la Germania con tutti gli onori, attualmente sprovvisto di favori e onori.

E così, chiamato a dare spiegazioni sulle brutte figure collezionate dalla sua squadra, invece di rispondere alle domande cosa fa? S’incazza. S’incazza invece di spiegare le scelte sbagliate, le formazioni sbagliate, i cambi sbagliati, i moduli di gioco sbagliati. Perché, vedete, non bisogna essere competenti per capire che una squadra sta facendo letteralmente schifo.

E se la squadra fa schifo, solitamente, l’allenatore fa schifo insieme alla squadra. O no? Prendete Di Lorenzo con la Spagna, per esempio (ma anche con la Croazia). È stato saltato, umiliato, è arrivato in ritardo, ha sbagliato appoggi di 18 centimetri. Contro di lui avrebbe fatto bella figura pure il magazziniere. Eppure è rimasto lì, a sommare responsabilità in entrambi i gol che abbiamo ricevuto. Io sono un cretino e l’avrei tolto dopo tre centesimi di secondo. Con mia enorme sorpresa mi sono accorto che l’avrebbero fatto tutti. Giornalisti, ex giocatori, allenatori, commentatori. Tutta gente che capisce più di me.

Ma lui, incomprensibile (chiunque lo ascolti si affanna a trovare traduzioni simultanee su tutte le app dedicate, senza riuscirci), si sente nel giusto, non risponde alle domande, s’incazza, offende i giornalisti. Il dubbio che non ci abbia capito un caxxo di come fare giocare questa squadra, non lo sfiora. Colpa di Alfredo. O di Armani che lo ha vestito con una giacca orrenda. Della condizione atletica. Oppure della scarsa qualità dei giocatori. Insomma di tutti. Meno che lui. E questo mentre gli svizzeri si sfregano le mani dalla felicità di incontrare la squadra… anzi la cosa che chiamano Italia.

Noi: la speranza è l’ultima a morire. Ciò che si dice al capezzale di un moribondo. Poi possono sempre accadere cose. Che però sarebbero estranee alle capacità dell’allenatore. Lui? “Io, speriamo che me la cavo”. Motto azzeccatissimo per chi, invece di mettere in campo una squadra, spera in una botta di culo.