(di Michele Serra – repubblica.it) – I partiti della sinistra francese, da quella radicale a quella riformista a quella ecologista, sono divisi su molte questioni, ma in pochi giorni sono riusciti a mettere nero su bianco un programma elettorale nel quale perfino su Ucraina e Gaza, delicatissimi nodi, si è trovata una posizione comune. Forse ipocrita, e non troppo dettagliata. Però necessaria per presentarsi uniti agli elettori. Un compromesso è un compromesso, sempre: io faccio un passo indietro su questo, tu fai un passo indietro su quello.

Nessuno scandalo, dunque. Però, certo, colpisce il fatto che questo lodevole sforzo di unità abbia come sua ragione fondamentale — se non l’unica — l’emergenza politica, ormai annosa, di “fermare la destra”, che in Francia ha le sembianze, poco raccomandabili, del lepenismo. L’emergenza è evidente. Ma è mai possibile che la sinistra, anzi le sinistre, non solamente in Francia, diano la perenne impressione di mobilitarsi, e unirsi, solo quando la tempesta batte alla porta?

La sola eccezione (parziale) che mi viene in mente è quella dell’Ulivo. Per il resto, quando mai uno sforzo lontanamente simile a quello prodotto a Parigi in tempi da record, ha visto leader e vice-leader della sinistra spremersi le meningi per un programma comune che sia ispirato da buone idee e dalla volontà di portarle al governo, e non dalla paura che la destra conquisti il potere?

Sarebbe servito (servirebbe ancora) un lavoro sereno e tenace, da “tempi di pace”, che dia l’impressione che la sinistra esista per proporre le sue cose, con i suoi tempi e la sua agenda, non solo per fare argine e gridare “al lupo!”. Una sinistra di buon umore, non costantemente in allarme, quando riusciremo mai a rivederla e risentirla?