(Tommaso Merlo) – Netanyahu ha inviato il suo ministro a lamentarsi a Washington per i ritardi nelle consegne delle armi. Ormai gli Stati Uniti sono una colonia Israeliana e non viceversa. Biden li ha ovviamente rassicurati mentre la lobby pro Israele AIPAC sta battendo tutti i record per comprarsi politicanti a stelle e strisce. Soldi che si comprano tutto, anche la democrazia, anche l’umanità. Tutto tranne la verità che prima o poi trova sempre un modo per venire a galla. È questa la grande sconfitta di Netanyahu e dei suoi complici. Gli orrori di Gaza hanno aperto gli occhi del mondo. Sono crollati decenni di manipolazioni di massa e il progetto coloniale sionista è apparso in tutta la sua brutalità. Una sconfitta devastante perché se cambia la narrazione cambia la storia. Il genocidio a Gaza si sta rivelando un crocevia epocale dalle conseguenze imprevedibili, con la causa palestinese mai così popolare e la sopravvivenza di Israele mai così a rischio. Dopo 40.000 morti perfino un generale israeliano ha ammesso che Hamas è un’idea e quindi non si può sconfiggere con le bombe. Meglio tardi che mai, ma il genocidio intanto continua anche se con armi meno potenti per evitare bagni di sangue che potrebbero disturbare la rielezione di Biden. Davvero impressionante, le carriere dei politicanti che vengono prima delle carneficine di esseri umani. Anche in Europa. I fatti intanto dicono che Hamas è disponibile ad un accordo a patto che finisca la guerra, ma Netanyahu non accetta perché non vuole ammette la sconfitta. Il suo ego tossico non glielo permette ed anzi pensa al fronte libanese. Dopo mesi di umiliazioni, l’estate potrebbe essere propizia e stanno facendo shopping di armi a stelle e strisce. Hezbollah sta distruggendo villaggi e postazioni militari da mesi nel nord, il regime censura tutto ma da quello che filtra si capisce che Israele non è mai stata colpita così duramente sul suo territorio. Droni, missili, incendi. Sirene permanenti, decine di migliaia di sfollati e danni ingenti anche alle infrastrutture militari. Tel Aviv dice che l’esercito e il piano di azione sono pronti da settimane e quindi vuol dire che non è affatto vero. Devono prima mollare la presa a Gaza ed affrontare Hezbollah non è come scagliarsi contro civili inermi. L’esercito israeliano appare poi stanco e disunito a causa di un conflitto che è già oggi il più lungo e sanguinario dall’inizio della colonizzazione. Il paese è poi lacerato da profonde divisioni interne e da una crisi economica severa mentre il Libano si è dimostrato il nemico più temibile che già nel 2006 stroncò l’avanzata israeliana. Il rischio è quello di una sconfitta che potrebbe essere fatale per Tel Aviv, senza l’oppressione militare su Gaza e sui Territori Occupati e senza il controllo dei confini, l’intera regione potrebbe cogliere l’occasione per insorgere e cambiare le mappe o perlomeno riprendersi le terre rubate. Sviluppi imprevedibili e solo poche certezze. Tipo quella che coi soldi ti puoi comprare tutto tranne la verità che prima o poi trova sempre un modo per venire a galla.