Se la premier e la leader del Pd si candidassero a sindaco di un paese che nessuno vuole darebbero una lezione di democrazia

Combo delle leader dei due principali partiti italiani (Fratelli d'Italia e Partito democratico) 

(di Stefano Massini – repubblica.it) – Cara Giorgia Meloni, cara Elly Schlein, è a voi che mi rivolgo, insieme, chiamando a testimoni i lettori di Repubblica. Lo faccio per raccontarvi una storia, e al tempo stesso per chiedervi un impegno che investe il senso stesso dello Stato e delle sue fondamenta democratiche. La sopravvivenza della democrazia, spesso data per scontata, diventa infatti un capitale a rischio se la paura prende il sopravvento. Ed è ciò che sta accadendo a San Luca, in Calabria.

Il comune sull’Aspromonte che diede i natali a Corrado Alvaro è più tristemente noto per le vicende di criminalità organizzata, culminate con la strage di Duisburg che affondò nel sangue e nei cadaveri un’antica guerra fra famiglie e cosche, per l’esattezza i Pelle-Vottari e i Nirta-Strangio. La chiamano la capitale della droga, ma ancora prima lo era stata dei sequestri, e negli ultimi anni la magistratura ha ricostruito che da San Luca passava anche il traffico dei rifiuti tossici, in una rete ramificata di corruzioni e di favori, omertà e raid paramilitari, con quell’icona potente della nave Jolly Rosso misteriosamente arenata sul lido di Amantea. Un fiume travolgente di denaro e di morte, che inebria le famiglie di questa cittadina montanara trascinandole in una Gomorra feroce, la cosiddetta Faida di San Luca iniziata ben trentatre anni fa, e da allora fonte di violenza non solo alle latitudini locali, come dimostra la mattanza ferragostana del 2007. E dire che tutto iniziò da un lancio di uova. Sembra di stare dentro “Romeo e Giulietta”, con i Montecchi e i Capuleti che con licenza di Shakespeare si insultano in lingua calabra. Era dunque il Carnevale del 1991, quando alcuni ragazzotti gettarono le suddette contro la facciata di un circolo Arci controllato dai rivali, colpendo l’automobile di un pezzo grosso del clan, e da lì in poi è stato un precipitare, di cui hanno fatto le spese ovviamente tutti, fino ad approdare a questo nostro Anno Domini 2024, nel cui Election Day San Luca avrebbe dovuto eleggere un nuovo sindaco. Risultato? Urne vuote, seggi deserti. E non perché l’astensione abbia colpito duro, bensì per l’incredibile ragione che non c’era nessuno da votare, nessun candidato, nessuna lista. Si è già insediato l’ennesimo commissario, che qui è un’abitudine e al tempo stesso il simbolo di una resa, quella resa che si contrappone alla normale dialettica democratica che voi due, Giorgia ed Elly, incarnate in quanto rappresentanti dei due maggiori partiti italiani. Avete vinto le elezioni europee dell’8-9 giugno, ma in quel rito laico che si è tenuto in tutto il continente, c’era la minuscola macchia di un municipio su cui sventola la bandiera nazionale senza che nessun cittadino (su 3500 all’anagrafe) abbia voglia di indossare la fascia di primo cittadino. È una sconfitta, ed è una ferita non solo per San Luca, ma per l’intero Mezzogiorno e per l’Italia tutta, credo.

Sì, sono convinto che l’abisso della democrazia stia tutto nelle parole rassegnate del sindaco uscente Bruno Bartolo, che al termine dei cinque anni di mandato ha espresso lo sconforto dell’abbandono, l’inutilità dello sforzo, la “pesantezza” della missione, e quindi la decisione di non ripresentarsi. E non si può non restare attoniti quando Bartolo ribadisce che a San Luca ci sarebbero, in teoria, professionisti in gamba a cui rimettere il progetto di un Rinascimento locale, e parliamo di insegnanti, di medici, di ingegneri. Peccato che nessuno abbia il coraggio di mettere nome e faccia su quella che a tutti gli effetti pare un’utopia, cioè far vincere il sistema democratico sulla liturgia tribale del ricatto e del controllo criminale del territorio. Nel 2024, in Italia, c’è ancora una porzione di Stato in cui lo Stato non riesce, non c’è, non convince, al punto tale che “cercasi sindaco disperatamente”, e ahimè inutilmente. L’esito è sotto gli occhi di tutti, e dunque in queste ore c’è da scommettere che a San Luca qualcuno starà festeggiando, proprio come Giorgia ed Elly hanno festeggiato il loro alloro elettorale. Nessuno si candida? È la loro vittoria, se ripensiamo alle parole di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che indicavano l’humus della criminalità proprio nella latitanza o nell’assenza dello Stato, in una forma implicita di abdicazione al potere delle cosche o in questo caso delle ‘ndrine. E poi, come non bastasse, racconto questa storia perché è anche una storia di donne umiliate e schiacciate, che a San Luca colgono i frutti più nefasti del pregiudizio ma cercano tuttavia di rialzarsi, tenacemente, sull’esempio di Rosy Canale che qui aprì un’eroica bottega di saponi e di ricami per le sanluchesi disoccupate. Un fiore dentro il fango, che le cosiddette Istituzioni dovrebbero tutelare, perché in fondo la politica è la scienza del migliorare un popolo, assecondandone le vocazioni. Per questo vi scrivo, Giorgia ed Elly, per proporvi un gesto importante, che demarchi con chiarezza la presenza dello Stato e la sua volontà di non lasciare indietro nessuno. Sarebbe bellissimo se le due donne leader del principale partito di destra e di sinistra accettassero di candidarsi a sindaco di San Luca, portando proprio lì il confronto fra idee diverse e l’impegno per una società che riparta dalla scuola, dalla cultura, dalle infrastrutture e da tutto ciò che in quel lembo di terra ci appare un miraggio. Talvolta lanciare un segnale è indicativo di una rotta. Mi piace crederlo, e per questo vi lancio la sfida.