(Stefano Rossi) – Oggi prima prova per i maturandi.

Una delle prove scritte prende spunto da un libro di Nicoletta Polla-Mattiot “Riscoprire il silenzio”.

Chissà quanti ricorderanno quella conferenza di Reinhold Messner di tantissimi anni fa, quando lui, davanti i microfoni, rimase in silenzio tra lo stupore generale.

Se non ricordo male il tema era la montagna e il silenzio, e lui, da buon altoatesino, il silenzio lo prese sul serio e rimase zitto, immobile davanti i presenti.

Sulla Maiella c’è l’Eremo e il sentiero del silenzio e in tutte le montagne, se si vuole, ci sono sentieri che richiamano al silenzio.

Solo in Val Senales ho trovato i cartelli con il divieto di parlare ad alta voce.

Altri luoghi, altre culture.

Da noi, nell’Italia Centrale e Meridionale è una chimera il silenzio.

Te lo devi sudare.

Per un valdostano, una tranquilla discussione tra amici meridionali, potrebbe sembrare una rissa violenta.

Questione di prospettiva.

Andando in montagna trovo persone con il fiatone che, anziché respirare per ossigenare bene il sangue, parlano dei problemi che dovrebbero lasciare a casa e, invece, se li portano dietro insieme allo zaino; come una zavorra.

Testa bassa, rivolo di sudore, gote rosse e la bocca che non smette di suonare come una grancassa. 

Proprio ieri, nella chiesa di S. Marcello al Corso, a Roma, lasciavo i rumori di Piazza Venezia e via del Corso, invase da turisti e passanti, per vedere il Cristo di San Giovanni della Croce di Dalì.

Leggendo gli “esperti” dell’Arte Contemporanea, questo dipinto, farebbe parte del surrealismo perché, Dalì, notoriamente è un surrealista.

Purtroppo, anche gli esperti non conoscono il silenzio.

Quel dipinto tutto è fuorché surrealismo. È classicismo puro! Con una prospettiva del tutto inedita: ci fa vedere il Cristo come lo vedrebbe il Padre da Lassù.

Ma domina il silenzio, la fine, la morte. E il Cristo di Dalì è uomo che più uomo non si poteva dipingere.

La morte ha una relazione con il silenzio.

Più si dilunga il silenzio più aumenta la paura, l’angoscia, l’incertezza dell’imbarazzo.

Per un buon oratore il difficile è trovare le pause giuste.

Per un buon arredatore la difficoltà non è dove mettere gli arredi ma gestire i vuoti.

Quando Gesù portò i discepoli nel podere dei Getsemani per pregare lontano da loro, quelli si addormentarono. 

Le pause e il silenzio vanno gestiti e ci vuole intelligenza.

Per questo, i più cretini, non smettono mai di parlare.

Devono riempire il vuoto. Il silenzio, appunto.

Difatti, questo scritto è lungo dieci pagine.

Da qui in poi, per altre 8 pagine, è puro silenzio …