
(di Michele Serra – repubbluca.it) – Capita alle persone pubbliche, e ai politici più degli altri, di ritrovarsi un microfono sotto il naso e una telecamera piantata in faccia, e dover rispondere alle domande a bruciapelo di un cronista. Sarebbe impreparato anche Einstein, che per la legge dei grandi numeri, prima o poi, almeno una frescaccia la direbbe.
Al contrario il ministro Lollobrigida, sempre per la legge dei grandi numeri, prima o poi riuscirà a dire una cosa intelligente. Ma l’attesa si prolunga oltre il lecito, e Lollobrigida guida, con un distacco abissale, la classifica delle vittime del giornalismo stradale.
Lunedì 3 giugno, per esempio, a una domanda volante sulla coltivazione della cannabis light (recentemente vietata dal governo), ha risposto: «Non punto a trasformare i nostri campi di grano e le nostre coltivazioni in campi di cannabis light».
La frase avrebbe un senso, anche se vago, nel caso che qualcuno avesse puntato a espiantare il frumento, il mais, il foraggio, i pomodori da sugo per coltivare canapa. Ma no, la produzione agricola nazionale (orzo alla Patria!) non è insidiata dalla potente lobby dei fricchettoni.
Semmai sono le piante di canapa, coltivate da centinaia di piccoli agricoltori in piccoli appezzamenti, e ora mandate al macero perché improvvisamente illegali, a sparire dalle campagne e dalle valli italiane, distruggendo un lavoro di anni.
La cannabis riguardava un’agricoltura marginale, ingegnosa e di piccola estensione (tipica del nostro Paese) che evidentemente non rientra negli interessi del ministro dell’Agricoltura. Altrimenti avrebbe approfittato del microfono per dire che gli dispiace vedere i campi di canapa, ancorché pochi, rasi al suolo da una scartoffia governativa. Sarà per la prossima volta.
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Uno dei peggiori cialtroni che abbia mai calcato la scena politica
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insisto sempre nel dire che la mucca scambia la capoccia de Lollo con un bel ciuffo d’ erba fresca da assaporare🤔
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