La premier ha deciso di trasformare un’occasione sociale in una vendetta personale nei confronti del governatore della Campania.

Questione di stile

(di Giulio Cavalli – lanotiziagiornale.it) – La camminata da gallo cedrone, la rabbia covata e preparata e infine quella stretta di mano ciondolante con cui Giorgia Meloni si presenta al governatore della Campania: “Presidente De Luca, la stronza della Meloni!”.

Ieri al Parco Verde di Caivano avremmo potuto parlare e scrivere di molte cose. Avremmo potuto ricordare, ad esempio, che la criminalità organizzata si sconfigge nel momento in cui si decide di accedere a quello che Falcone e Borsellino chiamavano “livello superiore”, smettendo di credere che le mafie siano un fenomeno solo criminale e non politico. Avremmo potuto anche salutare l’inaugurazione di un centro sportivo e culturale in un’area depressa, abbracciando l’idea che la repressione delle mafie non passi per forza dai manganelli e dalle operazioni più pubblicitarie che poliziesche.

La presidente del Consiglio invece ha deciso di trasformare un’occasione sociale in una vendetta personale nei confronti del governatore della Campania, perseguendo la manutenzione della propria immagine nonostante il contesto istituzionale. Non è una novità e no, non è una caduta di stile. Lei che si avvinghia alla mano di un avversario politico con la soddisfazione di vendicarsi è la fotografia di una guida di governo rabbiosa, spietata con i nemici, che a tratti travalica il proprio ruolo.

Giorgia Meloni ha scelto di essere la presidente del Consiglio non “di tutti gli italiani”, al contrario di ciò che aveva promesso nel suo discorso di insediamento e al contrario del contegno istituzionale minimo che si addice a qualsiasi presidente del Consiglio. Meloni anelava a quel ruolo per togliersi i sassolini dalle scarpe, per regolare i conti con avversari ed alleati, convinta che la sua vendetta sia davvero un’opera di interesse nazionale.

Qualche giorno fa aveva deciso di irridere gli spettatori di La7 (qualche milione di italiani). Così la rivincita suona come un livore represso. Perfino nei confronti di De Luca. Che, apostrofandola a suo tempo con quello stesso epiteto rinfacciatogli da Giorgia, non si era certo dimostrato un campione di educazione.