(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Ricevo solo nel mio ufficio e chiedo a chi vuole vedermi di anticipare con una mail alla mia segretaria il tema del colloquio”.
Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria intervistato da Antonello Caporale

Su Chico Forti la destra dei finti tonti sparacchia fumogeni lacrimevoli (un innocente, vittima del giustizialismo che il governo Meloni ha riportato in Italia per fargli riabbracciare l’anziana mamma) facendo finta di non capire che il nostro problema è una premier che corre a riceverlo in aeroporto come fosse un martire. Non invece, e fino a prova contraria, un assassino condannato all’ergastolo in Florida con sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Trento e accettata dallo stesso Forti pur di rientrare in Italia. Su Giovanni Toti, visto e considerato che il giornalismo dei dottor Divago si aggrappa al fumo della pipa (arresti a orologeria, innocente fino a sentenza passata in giudicato, un martire, una vittima, un probo servitore dello Stato, eccetera) ci pensa Occhiuto, presidente di regione come Toti e nel medesimo schieramento di destra, a ristabilire le regole di un minimo di decenza politica. Circostanze che senza attendere il terzo grado di giudizio consiglierebbero al suddetto Toti, e alla fanfara del clan, di andarsi a nascondere. Si fa finta di non vedere come serva poco (o molto) a chi rappresenta una istituzione per riuscire a sputtanarne la reputazione (sulla svendita della funzione decideranno i giudici). È imbarazzante leggere nell’autodifesa di Toti l’accettazione leggiadra, sua e della fanfara, di un mondo capovolto dove non è l’imprenditore Spinelli a fare anticamera nell’ufficio del governatore previo appuntamento, bensì l’esatto contrario. Infatti, “basta conoscere le sue abitudini di vita e di lavoro per sapere che la barca (“motoscafo”, sdrammatizza Giuliano Ferrara ma forse era un pattino) è da sempre usata come succursale dell’ufficio”. A costui, a costoro, non passa neppure per l’anticamera del cervello che le immagini di una istituzione che entra ed esce dalla “succursale” di colui che in cambio di aiuti gli paga la campagna elettorale (“ma non c’era correlazione”, è la strepitosa battuta totiana) ci raccontano più di mille sentenze su quello che resta un mortificante e accettato rapporto di sottomissione. Il cui epitaffio troviamo nella frase di Matteo Salvini contro i ragazzi di Greenpeace che lo contestano: “Non capite niente della vita”. Sì, e per fortuna.

Ps. Riguardo a Salvini vedo che i suoi strepitano perché nel corso di Tagadà, su La 7, ho espresso l’auspicio che non ci venga mai a mancare, come ministro e leader, poiché con la sue “stronzate” rallegra la satira e le nostre giornate. Del resto, poiché un giudice ha già sentenziato che il nostro eroe si può tranquillamente definire “cazzaro verde”, credo di essermi tutto sommato contenuto.