(ilfattoquotidiano.it) – Le linee rosse esistono fino a quando non vale la pena varcarle sperando di evitare la sconfitta. Così, per l’ennesima volta, gli Stati Uniti sono pronti a venir meno a un diktat considerato tale fino a pochi giorni fa: vietato per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky usare armi americane per colpire la Russia. Con l’esercito di Mosca che avanza, Washington, stando alle indiscrezioni raccolte dal New York Times, sta riflettendo sulla possibilità di dare invece il via libera all’esercito ucraino. Così, dopo i missili a lungo raggio, le armi offensive, i caccia e molto altro, gli Usa sono pronti a rimangiarsi anche questa promessa. Un passo indietro che assomiglia più a un nuovo salto in avanti verso l’escalation. A fronte di questo lento scivolamento (verso dove non è chiaro come accade sempre nel caso delle guerre), in Europa sembra scomparsa qualsiasi ambizione di riportare il conflitto alle dinamiche diplomatiche: le uscite di Vladimir Putin degli ultimi giorni di presunte aperture a eventuali tregue magari si potrebbero rivelare dei bluff, ma nessuno dei leader europei si è preoccupato di tentare di verificarlo.

L’ultima giravolta di Washington
Secondo il New York Times, è in corso un dibattito alla Casa Bianca sulla possibilità di permettere agli ucraini di usare le armi fornite dagli americani contro obiettivi in Russia. A premere in questa direzione, da quanto si apprende, è il segretario di Stato Antony Blinken che sta cercando di convincere Joe Biden dopo la sua ultima visita a Kiev e l’inizio della nuova, decisa offensiva russa. Proprio Biden, però, fino a qualche giorno fa aveva ribadito che questa era una linea rossa da non varcare. Parole che erano apparse da subito in contrasto con la realtà, dato che stava inviando missili a lungo raggio Atacms a Kiev. Adesso arriva la dimostrazione che quel confine tracciato era più sottile di quanto sembrasse. Proprio due giorni fa, ha raccontato il Wall Street Journal, l’Ucraina ha colpito un complesso russo nella Crimea occupata con missili a lungo raggio forniti dagli Stati Uniti.

La Polonia pronta a colpire
Un altro Paese che dimostra attivismo nel sostegno all’Ucraina, anche per motivi storici e geografici, è la Polonia. Il cambio di governo a Varsavia non ha mutato di molto l’atteggiamento nei confronti di Mosca. Da quando il moderato Donald Tusk è tornato premier, il Paese ha già dato disponibilità a inviare truppe sul suolo ucraino e, in queste ore, a utilizzare armi sul proprio territorio per abbattere i missili russi sui cieli ucraini, come richiesto da Zelensky. Una scelta che, considerata la partecipazione della Polonia all’Alleanza Atlantica, rischierebbe di trasformare il conflitto in una Guerra Mondiale.

Macron, da diplomatico a guerrafondaio
Sui cambi di postura di Emmanuel Macron è stato scritto tanto. Chi ha seguito la guerra fin dall’inizio, dai giorni precedenti all’invasione russa, si ricorderà il presidente francese intento a proporsi come mediatore tra le parti, ricordando a tutti che “non si deve commettere l’errore di umiliare la Russia“. Dopo essere stato più volte ignorato dal capo del Cremlino, il leader di Parigi ha cambiato totalmente approccio e del dialogante capo di Stato non è rimasto niente. Fino ad arrivare a proporre, più di una volta, l’invio di truppe europee in territorio ucraino. Eppure la Nato, gli Stati Uniti e le cancellerie europee erano state chiare: no a un coinvolgimento diretto nella guerra.

Caccia e missili a lungo raggio
Si è già detto dell’uso delle armi occidentali per attaccare la Russia. Era proprio quello che fin dall’inizio i governi alleati di Kiev avevano detto di voler escludere. Per questo motivo avevano deciso che avrebbero fornito all’esercito di Volodymyr Zelensky solo armi difensive e non offensive, togliendo dal tavolo, ad esempio, i caccia F-16 e i missili a lungo raggio. Tutti, però, tornati d’attualità prima del previsto: Samp-T e Atacms sono già nelle mani di Kiev e presto arriveranno anche i jet.

Tank sì, tank no
La Germania è stato l’ultimo Paese a fare resistenza sull’invio di carri armati di ultima generazione all’Ucraina. Forse, al tempo non si immaginava che Mosca sarebbe riuscita a riprendere l’avanzata dopo oltre due anni di guerra e lunghe fasi di stallo. I tank Leopard 2 rischiavano di diventare il mezzo che avrebbe messo i suoi cingoli in terra di Russia, con il rischio di una reazione troppo violenta di Mosca (che è una potenza nucleare). Ma presto anche Berlino ha cambiato posizione: a settembre 2022 si opponeva, mentre a gennaio 2023 ha dato l’ok. Come lei, anche Washington con i suoi Abrams.