Il leader del Movimento 5 Stelle: il duello tv? Schlein ha sbagliato a mettersi d’accordo con Meloni

giuseppe conte

(di Monica Guerzoni – corriere.it) – ROMA «L’attacco di Gentiloni è sorprendente».

Presidente Giuseppe Conte, nel libro di Paolo Valentino il commissario europeo ed ex premier del Pd ha smascherato la sua narrazione sui miliardi del Pnrr?
«Nel 2020 il commissario riconobbe in varie interviste grande merito al mio governo, riconoscendo che fu una battaglia giusta e vantaggiosa per tutto il Paese. Disse che bisognava dare atto al premier Conte e ai ministri Gualtieri e Amendola di aver rappresentato bene l’Italia. Ora, in piena campagna elettorale, arriva questo vigliacco attacco».

Non è vero che non ci furono trattative e che fu un algoritmo a decidere la divisione degli aiuti ai vari Paesi?
«L’algoritmo fu applicato solo alla fine quando si trattò di trovare un criterio di distribuzione tra i fari Paesi Ue, ma nei mesi precedenti la battaglia politica fu durissima. Si trattò di costruire un fronte comune con Spagna e Portogallo, poi allargato alla Francia. E di contrastare i Paesi frugali con la Germania e l’Olanda in testa».

Quindi lei conferma la sua versione di questi anni?
«Ci fu una battaglia difficilissima, anche perché sul piano interno il Pd e Italia viva volevano accontentarsi della linea di credito del Mes aperta per la pandemia e che io rifiutai clamorosamente nel Consiglio Ue del marzo 2020, litigando aspramente con la Merkel. Poi furono risolutivi i 4 giorni di Consiglio Ue del luglio 2020, dove sfiorammo il rischio fallimento perché volevano ridurre l’ammontare complessivo del piano».

È arrabbiato perché la destra cavalca le parole di Gentiloni?
«La destra sarebbe bene che tacesse. FdI in Europa si è astenuta 5 volte. Fosse stato per loro, non avremmo i soldi del Pnrr. Sono due anni che governano e non hanno altra misura sul tavolo oltre ai soldi che abbiamo portato noi».

Insomma, la vive come un attacco del Pd?
«Il Pd ha tante anime. Io preferisco quella nobile e limpida di David Sassoli, che all’epoca riconobbe come la delegazione da me guidata avesse “davvero fatto onore a un Paese fondatore dell’Unione”».

Teme che Gentiloni punti a diventare il federatore del fronte progressista?
«Non lo so, ma non credo che sia un bel biglietto da visita cancellare le verità storiche per aspirare a fare il federatore, attaccare il Superbonus come una Meloni qualsiasi ed esultare per un “pacco” di Stabilità che peserà sull’Italia negli anni, per i tagli a sanità e welfare».

Questa vicenda allontana l’alleanza tra M5S e Pd?
«Io ho sempre lavorato per un percorso di costruzione di una alternativa di governo, ma non permetteremo al Pd attacchi proditori e di mancarci di rispetto».

Con chi costruirete l’alternativa alla destra, se con Renzi sono botte e Calenda vi accusa di dire «cazzate»?
«Non rincorrerei le loro contraddizioni e non gli attribuirei patenti di affidabilità nell’area progressista, visto che molto spesso si accompagnano con il centrodestra».

Come si sente dopo che Giorgetti le ha buttato sulle spalle i 122 miliardi di «buco» del Superbonus?
«Il Superbonus è stato un grande volano per l’economia e sebbene l’effetto indiretto indotto non sia ancora stato calcolato puntualmente, i benefici sono evidenti. Aggiungo però che la misura è stata gestita da me solo per qualche mese, mentre Giorgetti lo governa da tre anni, prima da ministro allo Sviluppo economico e ora all’Economia».

Quale sarebbe dunque la quota di «buco» di cui lei si assume la responsabilità?
«Su 116 miliardi del portafoglio crediti fiscali, ben 66 sono imputabili all’attuale governo. Se hanno un minimo di dignità se ne assumano la responsabilità, dopo aver fatto a gara nel prorogarlo ed estenderlo».

La preoccupa la svolta a destra di Meloni in Europa?
«Mi preoccupa soprattutto la sua incapacità di governo».

Contesta i dati economici diffusi dalla premier?
«Con lei abbiamo raggiunto il record di poveri assoluti, 4 milioni di lavoratori sottopagati. Registriamo 14 mesi consecutivi di calo della produzione industriale su base annua, guardando i dati dell’occupazione di cui si vantano, sono aumentati i lavori a termine e i cassintegrati. Sono questi dati che drogano il numero degli occupati».

Vuole diradare la nebbia che avvolge la sua strategia in Europa? A quale gruppo si iscriveranno gli eletti M5S?
«Saremo nel campo dei progressisti e daremo una svolta per imporre un negoziato di pace in Ucraina e il cessate il fuoco a Gaza, riallineando l’intero asse delle forze progressiste Ue».

Un po’ ambizioso come progetto, non le pare?
«Anche un piano Ue basato sul debito comune era impossibile e l’abbiamo realizzato».

Le sta giovando l’aver fatto saltare il confronto tv tra Meloni e Schlein? Dai sondaggi non si direbbe.
«Mi ha sorpreso che Schlein si sia prestata al giochetto di Meloni, volto ad aggirare le regole della par condicio».

Col naufragio del duello tv la leadership di Schlein alla guida dei progressisti si è indebolita?
«Non parlo di leadership, ma constato che l’alternativa a questa destra non si costruisce mettendosi d’accordo con la Meloni per un confronto tv che esclude tutte le altre forze politiche. Né rincorrendola nel malcostume di inserire il proprio nome in una scheda elettorale, ingannando gli elettori per qualche voto in più. Per essere davvero alternativi alla Meloni, dobbiamo essere diversi da lei».

Per rispondere alle critiche sull’accoglienza a Chico Forti la premier rivendica di essere riuscita dove «altri hanno fallito». Anche lei?
«Confermo che anche il mio governo ha lavorato per consentire a un cittadino italiano condannato in uno Stato estero di poter scontare la pena in Italia. Io però come premier mai mi sarei sognato di andarlo ad accogliere in aeroporto, perché condannato secondo le regole processuali di un Paese democratico considerato amico».