(di Michele Serra – repubblica.it) – Letti un bel po’ di articoli e di commenti sulla vicenda di Chico Forti, confesso di non averla capita. O meglio: capisco (e condivido) il sollievo umano per il rimpatrio di un detenuto per omicidio che ha già trascorso molti anni nelle carceri americane, e potrà scontare una coda di pena in quelle italiane, riabbracciando la madre molto anziana.

Quello che non riesco a capire è perché mai la sua vicenda avrebbe coloriture “politiche” tali da farlo benvolere dall’attuale governo e accoglierlo in pompa magna dalla presidente del Consiglio, signora Giorgia. Che cosa c’è di politico, in questa storia? E nella biografia di Forti? Nelle sue imputazioni?

Il precedente di Silvia Baraldini non è proponibile. In quel caso la componente politica pesava con evidenza, nel bene e nel male. La giustizia americana la considerò colpevole di reati di associazione sovversiva.

La sinistra italiana (in uno dei pochi momenti della storia repubblicana in cui è stata al governo: D’Alema presidente del Consiglio, Diliberto ministro di Grazia e Giustizia) si espose per i diritti di una detenuta per reati politici. Venne duramente criticata per ragioni politiche. Il contenzioso si capiva. Era comprensibile. Ci si poteva schierare.

Ma Chico Forti? Bandiera della destra, perché mai? Che cosa c’è “di destra”, in tutta questa storia? Non ho niente contro di lui, non ho niente da dire in suo favore (se non la generica vicinanza che mi viene da esprimere a chiunque sia detenuto).

Perché la destra ne ha fatto una bandiera? Per improvvisazione? Per caso? Per simpatia fisica con un bel signore atletico? Si è innamorata di lui “perché non aveva niente da fare” (Luigi Tenco)?