(di Michele Serra – repubblica.it) – Chissà che cosa ha nella testa l’operaio polesano Mantoan, fascista e segatore di autovelox, acciuffato proprio grazie alla tecnologia che voleva abbattere con il flessibile — una forma di neo luddismo che nello stesso gesto unisce la fine della macchina e la fine della legge.

Ammiratore di Hitler e ovviamente No Vax, è parente stretto di quelli che in America assaltano il Campidoglio e nell’Est Europa si arruolano volontari di qua o di là pur di sfogare l’umor nero che li soffoca da dentro.

Sono, questi omoni furiosi e impotenti, nel mezzo di un disastro sociale del quale ci appaiono insieme gli artefici e le vittime. Violenti e pericolosi, al tempo stesso in pericolo.

Il mio amico Carlo Mazzacurati, se fosse ancora qui, ci farebbe un film, uno di quei suoi bei film umani e mai giudicanti, tutti ambientati nel Far East. Veneto fino al midollo, Carlo era affascinato da quella che chiamava «la pazzia veneta», se ne sentiva al tempo stesso spaventato e partecipe, a volte perfino intenerito.

Mantoan non gli sarebbe sfuggito, avrebbe affidato la parte a Battiston, il segatore di autovelox si sarebbe aggiunto alla sua lunga teoria di picari fuori di testa, di poveracci illusi, di sognatori alla deriva.

Ben al di là del racconto — il film, il libro — mi chiedo che cosa si possa fare per fermare lo scollamento sociale e probabilmente anche psichico dei segatori di autovelox, per soccorrerli soccorrendo anche noi stessi.

La politica li dà per persi, a parte partiti e partitelli nazisti che prosperano come case di ricovero dei Mantoan di tutta Europa. E anche la ragione li dà per persi, la povera Dea Ragione che avrebbe dovuto illuminare la strada d’Europa, e per segarla basta un flessibile.