Se in una Repubblica fondata sul lavoro i lavoratori sono schiavi, significa che la Costituzione è tradita fin dal suo primo articolo.

(di Giulio Cavalli – lanotiziagiornale.it) – La propaganda ha il fiato corto. Magnificare la patria può servire per scaldare i cuori poco prima di una tornata elettorale, affilare l’odio per gli avversari politici torna utile per i commenti sui social network, manganellare i fragili riempie le pance degli odiatori seriali, inscenare conferenze stampa senza stampa sfama al massimo qualche giornalista servile, torcere i numeri per magnificare una credibilità internazionale esalta solo i tifosi del proprio partito.
La politica è altro. La politica si impiglia nei calli delle persone che lavorano tutto il giorno per andare a letto la sera comunque poveri. L’Istat li chiama “occupati in condizioni di vulnerabilità economica” ma sono uomini e donne che faticano senza scrollarsi mai di dosso il senso del fallimento. La politica sta in mezzo al tavolo poco apparecchiato per la cena di famiglie che si impoveriscono nonostante con impegno continuino a fare quello che hanno sempre fatto ma sono più povere.
La politica se ne fotte dell’agorafobia di questo tempo, la paura dei poveri e della povertà che spinge i commentatori a fingere di non vedere. La politica – al contrario della propaganda – guarda in faccia i problemi, gli dà un nome, non ne ha paura. Dice l’Istat che la povertà in Italia si mangia il cuore di milioni di persone e famiglie vittime di una guerra ideologica che ha cancellato la povertà solo per poter dire di avere sconfitto gli avversari politici.
Scelte propagandistiche – appunto – e per niente politiche che sono state prese da una classe dirigente politica che ha lavorato poco, pochissimo, in vita sua, scambiando il mondo del lavoro con gli aperitivi della ristretta cerchia di imprenditori che possono bisbigliare all’orecchio del governo.
Se in una Repubblica fondata sul lavoro come mezzo per la libertà i lavoratori sono schiavi significa che la Costituzione è tradita fin dal suo primo articolo. Se la povertà in Italia è un affare degli occupati, oltre ai disoccupati, significa che la democrazia è una truffa elettorale. Propaganda, appunto.
Ogni anno, puntualmente, arriva l’ennesimo bollettino di guerra.
I poveri sono in aumento, la popolazione si riduce; l’incapacità del governo pro tempore ad adottare soluzioni idonee ad risolvere il problema.
Le soluzioni proposte, quando proposte, sono solo specchietti per le allodole; utili ad acchippare qualche consenso e quindi, nella pratica, si rivelano totalmente disfunzionali perchè affrontano, quando lo fanno, gli effetti e non le cause.
Un paio di esempi, ultimi in ordine di tempo, sonole firme l’abolizione del Jobs act e il salario minimo.
Il problema vero è la bassa crescita; se c’è crescita economica allora si può sperare di creare posti di lavoro e salari adeguati; diversamente non ci sono jobs act e salari minimi che tengano.
In Italia siamo arrivati al paradosso che le cause vengono alimentate, attività economiche che creano poca crescita e, con essa, salari da fame sono assurti a liturgie ( la settimana della moda, il vinitaly, il salone del mobile)
Altrove si punta sulle batterie più durature, si fanno studi sulla fusione nucleare, si studiano nuovi materiali per varie applicazioni e noi invece a far preparare stracci negli scantinati di Dacca, rivenduti una fortuna, a piallare bene il legno e a far fermentare l’uva.
Laciate ogni speranza o voi che entrate.
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