
(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Stefano Bronzini, rettore dell’università di Bari, ha deciso di raddoppiarsi lo stipendio per eccesso, portandolo da settanta a centosessantamila euro annui. Settantamila euro lordi non sono pocchi, ma un rettore ne merita di più, specie se è bravo.
E la retorica del pauperismo è un favore ai ricchi: la giustizia sociale si ottiene alzando gli stipendi infimi, non abbassando o congelando quelli decorosi, specie quando, come in questo caso, meritano di essere ritoccati. Il problema è che a proporre l’aumento non può essere il beneficiario. Il rettore di Bari avrebbe dovuto reclamarlo quando era ancora un semplice professore. Così si sarebbe battuto per ottenere un diritto, mentre adesso sembra che voglia affermare un privilegio. È un po’ il vizietto nazionale. Le battaglie giuste sono sempre e soltanto quelle che ci riguardano in prima persona. Nel Paese delle corporazioni e dei campanili, ciascuno si sente il presidente della Repubblica dei Fatti Suoi.
Magnifico rettore, pensi se ogni dipendente pubblico potesse accrescersi lo stipendio per legge come ha intenzione di fare Lei. Solo pochi timidi si accontenterebbero di un adeguamento all’inflazione. Tutti gli altri penserebbero che il loro fondamentale contributo al benessere collettivo meriterebbe un aumento ben più sostanzioso. Facendo finta di non sapere che a finanziarlo attraverso le tasse sarebbero innanzitutto loro.