(Giuseppe Di Maio) – C’è una costante che condanna il PD a partito conservatore, a una banda dedita alla corruzione in lotta per il potere e la rielezione. Non appena le migliori menti nazionali si appressano alla senilità, si accorgono che la rivoluzione a 5 stelle è quanto di meglio offra il panorama politico italiano. Il primo fu Dario Fo, appassionato riformatore che arrivò fin sui palchi del Movimento. Seguì Stefano Rodotà, adottato dai pentastellati e arresosi alla causa degli onesti poco prima di passare a miglior vita. Poi fu la volta di Ferdinando Imposimato, magistrato integerrimo che divenne una specie di ultras delle ragioni grilline. Infine il compianto Domenico De Masi, partigiano dell’alleanza tra le forze di sinistra e sdoganatore delle ragioni del M5S. Includo anche Scarpinato e De Raho che non sono così attempati da limitarsi ad essere fiancheggiatori esterni del Movimento, ma partecipano direttamente ai lavori parlamentari. Tutta questa gente ha preferito il partito di Grillo e di Conte per concludere una vita spesa al servizio della giustizia, pur avendo militato in precedenza nei partiti di sinistra. Questo perché hanno visto nel Movimento un’occasione irripetibile per realizzare le idee che una volta erano patrimonio del socialismo e del comunismo.

Purtroppo Elly Schlein non è diversa dai suoi predecessori, a cui nel migliore dei casi stava più a cuore il futuro della ditta che quello del Paese. L’operazione di facciata compiuta con l’aiuto della sponda popolare non ha cambiato la sostanza di un partito di destra conservatrice, complice quanto la destra reazionaria del declino italiano. Invece il M5S è nato proprio per sostituire la classe dirigente della sinistra, poiché la lotta politica che questa conduceva contro la destra antagonista era del tutto fasulla. E’ meglio che Elly lo capisca, ed è meglio che lo capisca anche Conte: non c’è pace tra concorrenti. Sono possibili delle tregue, ma si resta nemici, più di quanto non si sia tra avversari. L’inimicizia tra il PD e il M5S testimonia del diverso obiettivo politico, non solo del modo discorde di condurre la lotta.

C’è una nuvola di prezzolati dell’informazione gonfia di strali contro Conte e il Movimento, e ognuno di loro anticipa ciò di cui i dirigenti del PD di lì a poco li accuseranno. E’ bene ripeterlo: nell’emiciclo mancino non c’è solo una lotta per l’egemonia, ma una più profonda guerra che deciderà della qualità della sinistra italiana. Con il nuovo corso di Conte, il PD teme che il Movimento gli porti via il residuo voto ideologico e radicale, ma vuole approfittare della storia ondivaga del M5S per attrarre il voto dei delusi reazionari. Le persone oneste, colte, e di buon senso girano al largo dai Dem e prima o poi approdano nelle file del radicalismo a 5 stelle. Nella battaglia di Bari sto notando che Luciano Canfora lancia ancora appelli all’unità. Anche per lui è arrivata l’ora delle feroci agnizioni, anche per lui è l’ora di cambiare partito.