La guerra per spaccio nella città con più armi in circolazione d’Europa

(di Roberto Saviano – corriere.it) – È incredibile come tutto accada in una coazione a ripetere, senza soluzione di continuità. E con tutto, intendo proprio tutto, anche la violenza feroce a cui non ci si dovrebbe abituare mai. Fuorigrotta non è un quartiere periferico di Napoli, città che non si espande, ma si gonfia. Non cresce in ampiezza Napoli, non recupera nuovi spazi da restituire alla collettività, ma lievita, si gonfia nel suo ventre sempre «pregno». Ci si stringe a Napoli, come fosse una condizione naturale: uno «ncuoll a nat». Ma inizia a mancare l’aria oltre allo spazio vitale. Ecco, questa è la condizione di una città in cui ogni centimetro quadrato ha valore immenso. Giovedì pomeriggio, un tardo pomeriggio primaverile, a Fuorigrotta, il quartiere del Diego Armando Maradona, in un parchetto nei pressi di piazza Italia, avviene uno scontro tra clan di camorra in cui resta ferita una donna di 49 anni, Luisa Mangiapia.
Si continua a credere che i clan si sparino tra loro, falso, chi conosce le dinamiche criminali lo sa bene, sparano proprio addosso a chi capita per caso. E giovedì, tra gli Esposito di Bagnoli e il clan Troncone, va in scena un inseguimento. Non è Gomorra e non è Mare fuori . Non è finzione, ma realtà, la realtà che poi le serie rappresentano. E nessuno spara per imitazione, ma per il controllo di una piazza di spaccio. Cercano spazio, appunto, per le piazze di droga perché il narcotraffico resta l’attività più redditizia di tutte in un contesto che di imprenditoriale non ha nulla.
Se la sparatoria di Fuorigrotta fosse accaduta al centro di Parigi, di Berlino, a Roma, a Milano la notizia avrebbe probabilmente aperto i quotidiani nazionali. Invece è successo a Napoli dove, in qualche misura, la notizia è considerata ordinaria. Tutto normale, spari in un parchetto, alle 19.30 tra scivoli e altalene dove fino a poco prima giocavano bambini con genitori, nonni e babysitter. Ma davvero non genera scandalo che a Napoli, quando ancora c’è luce, davanti a tutti, senza paura, pudore e remore si possa aprire il fuoco? Ma davvero è normale che alla luce del sole due clan si possano affrontare con armi da fuoco senza fregarsene nulla di chi lì ci vive? Napoli è la città d’Europa con il maggior numero di armi in circolazione e questa cosa non pare interessare a nessuno.
Fuorigrotta è uno snodo fondamentale per due ragioni: connette la Napoli popolare a quella borghese, e permette quindi uno spazio di traffico di droga particolarmente interessante. Chi ha messo le mani su Fuorigrotta sono gli Esposito di Bagnoli e giovedì, nonostante qualcuno abbia pensato in un primo momento a una «stesa», è andato in scena un vero e proprio atto di «liberazione» del quartiere dai vecchi padroni. Giovedì nessuna «stesa», un inseguimento piuttosto. Un membro del clan Troncone, i vecchi signori di Fuorigrotta, che hanno controllato lo smercio di gadget del Napoli durante le celebrazioni per lo scudetto, oltre alle piazze di droga, si è dato alla fuga ed è stato schermato dalla donna ferita. Gli Esposito di Bagnoli, tra i clan più potenti della Campania, hanno messo le mani su Fuorigrotta e stanno epurando il territorio dai Troncone che hanno subito due arresti eccellenti, quelli di Vitale e Giuseppe Troncone.
Proprio questi due arresti hanno accelerato la conquista del territorio da parte del clan Esposito. Per parte sua, il clan Esposito ha vissuto al proprio interno una crisi insolita, nel 2020 fece scalpore la trascrizione di alcune intercettazioni telefoniche e ambientali in cui Cristian Esposito, figlio del boss Massimiliano Esposito detto «lo scognato», cioè lo sdentato, affermava di voler uccidere suo padre per come stava gestendo gli affari del clan: «Quell’indegno tiene i principi suoi, lo devo fare pezzo pezzo». La sua colpa? Essersi alleato con la famiglia Scognamillo; questa circostanza avrebbe generato un conflitto con tutti i clan di Napoli Ovest.
Cristian Esposito si sfoga con gli affiliati Lucio Musella e Yuseff Aboumouslim: «Mamma mia, mamma mia, il primo che devo alzare in aria è lui. Neanche i cani e metto il piede fuori io, a quel pezzo di m… lo devo alzare in aria, padre e buono». Successivamente lo stesso Youssef Aboumuslim, nipote di Massimiliano Esposito, inizierà a collaborare con la giustizia causando un vero e proprio tsunami nel clan. I rapporti sarebbero tesi anche tra Massimiliano Esposito e l’altro figlio, suo omonimo. Anche Junior che, seppure attualmente detenuto avrebbe un social media manager che gli cura le pagine web, non sarebbe d’accordo con la gestione paterna delle attività del clan così come con le alleanze sancite dal padre. Se è vero che i figli vogliono fare le scarpe al padre, significa che gli spazi si sono talmente ristretti che ciascuno decide di fare per sé. In una città dove ogni centimetro quadrato ha un valore immenso, un valore che si calcola in sangue versato, non può mancare un tessuto imprenditoriale che sottragga terreno alla criminalità organizzata, non possono mancare politiche lungimiranti di bonifica e investimenti. Bagnoli e Fuorigrotta sono una prateria che per i napoletani esiste solo per novanta minuti quando si gioca in casa. Per i clan sono una prateria sulla quale hanno messo le mani e non hanno alcuna intenzione di lasciare la presa.