
(di Massimo Gramellini – corriere,it) – Stranamente oggi mi sento pieno di sicurezze. Sono sicuro che il sindaco di Bari non sapesse che le due donne con cui si era lasciato fotografare nella Città Vecchia fossero parenti di un boss, ma che, se anche lo avesse saputo, non si sarebbe tirato indietro, essendo entrambe incensurate. Sono altresì sicuro che un politico farebbe meglio a sottrarsi, per prudenza, a qualunque richiesta di foto, specie quando si trova in un quartiere complicato, anche a costo di risultare antipatico e di perdere voti. Ma ciò di cui sono ancora più sicuro è che d’ora in poi nessuna fazione userà più i selfie come una tagliola in cui incastrare l’avversario.
In passato non è stato così. A riprova che non è vero, purtroppo, che i fatti sono sempre separabili dalle opinioni. La foto del sindaco di sinistra tra le due consanguinee del boss è un fatto che ognuno ha raccontato in modo diverso, a seconda che si riconoscesse o meno nella parte politica di Decaro. E questo a causa della lente deformante del pregiudizio che fa ritenere «i nostri» innocenti e «gli altri» sospetti fino a prova contraria, a volte persino a prescindere. Ma tutto ciò, ripeto, appartiene a un modo di impostare la polemica politica che è finito ieri. Per dire: il prossimo sindaco di destra che verrà pizzicato a farsi un selfie coi parenti incensurati di un boss sarà difeso anche dalla sinistra, e con gli stessi argomenti con cui ieri ha difeso il «suo» Decaro. Sicuro.
Nel nostro Paese ci sono le mafie, i mafiosi e i parenti dei mafiosi; se non si risolve questo non c’è altro di cui discutere.
Lo Stato non dovrebbe chiedere voti, garanzie, consigli e non dovrebbe fare affari, patti, banchetti o foto. Se sei uno uomo dello Stato o se aspiri a diventarlo non puoi avere nulla a che fare con le mafie, né direttamente né di carambola.
Se giustifichiamo continuamente le azioni commesse nella terra di mezzo allora non esiste alcuna distinzione tra Stato e anti-Stato.
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