(Giuseppe Di Maio) – Ci si domanda se questa destra abbia o meno continuità col Fascismo. Ebbene, questa attuale è un prodotto della democrazia proprio come quella fu un prodotto del suffragio universale. L’una e l’altra sono una malversazione della volontà popolare a vantaggio di pochi beneficiari, e ciò che le distingue è solo il grado di violenza. Dopo aver mentito, dopo aver largamente dimostrato il profondo grado d’ignoranza, ogni leader di destra prova ad ingraziarsi l’elettorato con la comicità accattivante. Berlusconi raccontava le barzellette. Meloni ha tentato di fare la buffona con la pochette di Conte, contando sul potere che ha l’umorismo di dimostrare la padronanza di quanto si dice e l’irrilevanza dell’avversario. Non è nuova a queste esibizioni. Dai suoi palchi nel passato si sono scatenati gli urli, come e più alti di quanto urlerebbe un povero diseredato, gli eccessi del raccapriccio, della meraviglia, gli interrogativi di una scanzonata vaiassa; dai banchi della presidenza la premier si è prodotta in una mimica d’avanspettacolo, già contenuta nelle pose del duce e persino del führer. Si deve ammettere che, purtroppo, la comicità può essere l’estremo gradino civile della violenza.

Il bisogno di consenso che le destre moderne hanno per raggiungere i loro obiettivi, le obbliga a una mimetizzazione della violenza esplicita, della forza bruta. Il primo grado di quest’alterazione è la menzogna, vero male della civiltà e prima ancella del potere. Seguono, l’incompetenza, l’incoerenza, la smemoratezza, il politicamente corretto e la comicità accattivante. Ognuna di esse porta con sé una quantità di violenza, un’ammissione d’impossibilità a guidare i rapporti umani con ragioni dimostrate. Le destre sono appunto fautrici di motivazioni politiche sentimentali, irrazionali, e i loro impianti ideologici sono sempre sostenuti da fondamenta volontaristiche, di gusto, che culminano nell’adorazione della “libertà” e nella dittatura dell’opinione. Nessuno dei loro leader ha interesse a spiegare la struttura sociale, piuttosto a mistificarla, a ricoprirla di mitologie arcaiche.

Così, come per il politicamente corretto, anche per gli altri gradi, quelle che vogliono chiamarsi “sinistre” sono maestre. Esse aborriscono la violenza esplicita, ma fanno uso di quella mascherata con sbalorditiva frequenza. Ecco perché, quando è sorta tra la gente la sua vera antagonista, l’onestà (cioè la verità, la bravura, il raziocinio, la memoria, la schiettezza, la serietà), destre e sinistre si sono allertate contro il pericolo che rischiava di disarmarle. E tutto questo non avrà soluzione finché non arriverà il tempo in cui si farà a meno del consenso generale, finché il diritto al voto non sarà guadagnato in maniera selettiva.