
(Stefano Rossi) – Ieri, 13 marzo, al Quirinale si è tenuto l’incontro “La Costituzione in Shorts” tra il presidente Mattarella e alcuni giovani “creator e influencer” (nella foto).
Il presidente ha voluto dire la sua sull’autonomia differenziata citando l’art. 1 della Costituzione. In particolare ha detto: “Una: in questo caso non è soltanto l’articolo di un sostantivo. Vuol dire, lì, che l’Italia è una. Non una somma di repubbliche, e neanche una federazione di repubbliche”.
Pochi giorni fa aveva detto che egli firma le leggi anche se non si trova d’accordo con il contenuto non essendo un monarca; evidentemente, sull’autonomia differenziata, voleva rimarcare la sua contrarietà.
Siccome non ho mai sentito nessuno precisare quando si sarebbe concretizzata questa benedetta autonomia differenziata, sarebbe utile verificare le date e capire chi è responsabile.
L’on. Calderoli ha presentato nel 2024, una proposta di legge, ora, divenuta legge dello Stato sull’autonomia differenziata. Ma questa proposta di legge recepisce le modifiche, del combinato disposto di cui agli artt. 116 e 117 della Costituzione, avvenuta nel lontano 2001, con la Legge costituzionale n. 3.
Dal 2001 al 2024, non ci sono stati cambiamenti significativi. Ciò vuol dire che l’on. Calderoli ha solo proposto l’applicazione di quanto deciso nel 2001.
Per modificare il Titolo V della Costituzione ci vollero tre Bicamerali, la seconda (De Mita-Iotti, 1992) ebbe vita breve ma vi fu la proposta socialista di introdurre uno Stato regionale. La terza Bicamerale, presieduta da Massimo D’Alema, venne istituita con Legge cost. n. 1 del 1997, si insediò grazie all’accordo tra il Polo della Libertà e il Centro Sinistra che governava con il governo Prodi.
Dai lavori della Bicamerale nacque la Legge n. 59 del 1997 (Legge Bassanini), la quale delegava il governo al fine di semplificare l’amministrazione e i rapporti tra Stato ed enti locali.
Tra le tante cose da ricordare, nei lavori di queste Bicamerali, emerse l’esigenza di alcune regioni (solo del Nord) di introdurre il principio dell’asimmetria regionale: un modo elegante per ottenere più autonomia rispetto alle altre per via del maggior gettito fiscale elargito da queste regioni.
Tutto questo non avrebbe senso se non si ricorda che, allora, la Lega Nord entrò nella politica italiana come un uragano e la sua vera denominazione era “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania”.
La sinistra, che prese il ruolo che fu della DC fino alla sua fine, avvenuta nel 1994, non ebbe il coraggio di affrontare con riforme liberali e democratiche quella voglia di rivoluzione che covava al Nord.
Cercarono di perdere tempo con modifiche al contagocce, centellinate negli anni, sperando di intorpidire e stancare gli avversari (= i “lanzichenecchi” leghisti).
La terza Bicamerale vide l’abbandono dei lavori dei parlamentari della Lega Nord, i quali, alla fine, rientrarono per la votazione finale: insieme al Polo votarono per il semipresidenzialismo (vi ricorda qualcosa, oggi?).
Così, si pensò di concedere maggior autonomia e accontentare e rabbonire le regioni del Nord.
Vennero emanate quattro leggi passate alla storia come “riforma Bassanini”: Legge 15 marzo 1997, n. 59; Legge 15 maggio 1997, n. 127; Legge 16 giugno 1998, n. 191; Legge 8 marzo 1999, n. 50, che presero il nome del ministro della Funzione Pubblica, Franco Bassanini, sotto il governo Prodi.
Si attuarono, in parte, ciò che era emerso dalle bicamerali ma, ed è qui il punto focale della questione, la sinistra cercò di sottrarre voti alla Lega Nord regalando più autonomia locale, Un tentativo isterico, se lo si giudica oggi, di allentare la voglia di autonomia che dilagava in Veneto, principalmente, ma anche nelle altre regioni del Nord (ricordo l’incredibile occupazione del Campanile di San Marco, nel 1997 a Venezia, da parte di alcuni soggetti a bordo di un carro armato costruito alla buona).
E così, finalmente, si giunse alla riforma del Titolo V della Costituzione con la modifica degli artt. 116 e 117, con la quale trasmigrarono numerose competenze statali alle regioni. Poi, l’errore fatale: all’art. 116, venne aggiunta una frase che allora non destò particolare attenzione: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” potranno prevedersi oltre quelle già concesse. E già si parlava di “regionalismo differenziato”.
Nessuno si preoccupò di quella novità. Un’aggiunta che amplifica alcune caratteristiche di una norma giuridica: la sua astrattezza e la sua generalità. Qui siamo al futurismo, all’astrattismo, all’assurdo di riconoscere un’autonomia ulteriore e diversa da tutta quella già concessa.
Con estrema superficialità, non paghi di quanto combinato, al successivo art. 117, sono andati a suggellare lo stravolgimento dei rapporti tra uno Stato centrale e gli enti locali.
Per le materie di competenza esclusiva dello Stato è stata aggiunta la possibilità di una delega: “La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni”. Per quel “salva delega”, bisognava fare le barricate con elmetto e moschetto. Ora fa parte della “nostra” Costituzione.
Allora furono quelli bravi a combinare questo orrore giuridico. C’era il governo di Giuliano Amato e, alla Difesa, c’era proprio Sergio Mattarella, il quale, ha fatto parte della Commissione Bicamerale anche come vice presidente.
D’altra parte, quelli bravi, pensavano di governare a vita.
Ora, al governo ci sono gli avversari e una Legge statale, per attuare questa autonomia ULTERIORE, se la possono votare come e quando vogliono.
Potevano prevedere che nel lontano 2024, quel barbaro nordico dal nome di Calderoli potesse mai capire cosa ci fosse scritto nell’art. 116 della Costituzione?
Oggi è troppo tardi per lamentarsi.
Quando si sbaglia e si commettono errori così gravi e fatali non si può dare la colpa a chi non ha messo mano alla riforma e chiede solo di attuarla.
Prevedo, con una punta di pessimismo, che è tardi pure per difendere la Repubblica, una e indivisibile. Purtroppo.
Se mai lo siamo stati.
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Quello che doveva essere un decentramento amministrativo è diventato un’autonomia politica tanto da frammentare l’Italia in tante repubbliche!
Da un servizio decentrato al cittadino si sono formati governicchioli regionali!
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Infatti si vfanno chiamare Governatori …non Presidenti di Regione!
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