(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Per dare a Di Cesare quel che è Di Cesare, bisognerebbe prima capire con quale delle due abbiamo a che fare. Con quella che in tv dà addosso alla Nato in nome della pace, della non violenza e della fratellanza tra i popoli? O con quell’altra che sui social si profonde in sentimentalismi per una terrorista che partecipò a svariati omicidi e all’agguato di via Fani senza mai farsi attraversare da un dubbio o da un’increspatura di umanità? Difficile immaginarsi San Francesco intento a scrivere un post come quello che la filosofa della Sapienza ha dedicato alla scomparsa Barbara Balzerani: «La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna». Chi cercasse tracce di una presa di distanza dai metodi di Luna e dell’intero firmamento brigatista dovrebbe aggrapparsi a quel tenue riferimento alle «vie diverse». Un po’ poco per sgombrare il sospetto che l’odio ideologico sia il cemento che tiene insieme le due Di Cesare, fieramente allergiche alla violenza quando a praticarla sono i loro nemici di classe, ma assai più tiepide e comprensive nel valutarla quando viene usata da persone di cui condividono i sogni adolescenziali di palingenesi sociale che da sempre caratterizzano i fanatici di tutte le età.

A dire il vero, c’è anche una terza Di Cesare. Quella che ha cancellato il post dopo averlo pubblicato, dando prova di una resipiscenza che le fa onore, ma che le altre due Di Cesare bollerebbero come piccoloborghese.