La favola che ci viene propinata è che la democrazia è dominio della maggioranza. Appartiene a chi vince, con tolleranza verso chi perde e si ostina a votare e magari a scendere in piazza. Sembra il clone del regime ungherese

(Nadia Urbinati – editorialedomani.it) – Piazze piene + urne piene = democrazia immatura. Piazze piene + urne semi-piene = democrazia polarizzata. Piazze semi-piene + urne piene = democrazia irreggimentata. Piazze vuote + urne semivuote = democrazia matura.
Queste quattro somme sono la sintesi delle posizioni degli opinionisti impegnati nei media, video e cartacei, per illuminarci su cosa sia una buona democrazia e, soprattutto, una cattiva democrazia.
La somma più gettonata è l’ultima, quella più disprezzata è la prima. Quelle intermedie sono mediamente cattive, accettabili al massimo come transizioni verso la soluzione ideale.
Anzi, la seconda suggerisce che il troppo manifestare nelle piazze polarizzi l’opinione e allontani gli elettori dalle urne, per paura non per buona apatia. La terza somma corrisponde alla vecchia democrazia dei partiti, quando la gente scendeva in piazza a comando e votava a comando.
La vera alternativa è tra la prima e l’ultima somma, per ricamare sulla quale i nostri esperti di democrazia si mobilitano con l’obiettivo di spostare l’opinione a favore della riforma costituzionale. Nei talk show quotidiani, ci sono spesso ospiti che si lanciano in fantastiche lezioni di teoria politica. La generalizzazione che va per la maggiore è la seguente: l’astensionismo è un segno di buona salute e di maturità della democrazia, ma a certe condizioni.
L’APATIA E LA STABILITÀ
L’apatia politica come segno di stabilità non è affatto un’idea nuova; nuovo, e fantasmagorico, è l’uso che ne fanno i nostri opinionisti. Nelle società democratiche, dicono, i cittadini si dimenticano di andare a votare, tanto la loro società è normalizzata.
Non l’astensionismo di protesta, dunque (quello che si è verificato, ad esempio, in Emilia-Romagna alle elezioni regionali del 2014, quando solo il 37 per cento è andato a votare per criticare il modo in cui il Pd ha costruito le liste elettorali).
L’astensionismo buono, invece, nasce dall’idea che tutto è per il meglio. Perché preoccuparsi di andare a votare? Il voto, ci viene detto, non è una partecipazione per esprimere una scelta tra le proposte avanzate da partiti o coalizioni. Se così fosse, saremmo ancora in una democrazia di regime.
Ma una democrazia matura non è una partecipazione al voto al termine della quale si conta chi ha temporaneamente la maggioranza e chi è temporaneamente all’opposizione. Questa sarebbe una democrazia che sente il valore del voto e sa quanto sia importante l’opposizione, non solo la maggioranza. Troppo conflittuale.
Invece, sembra di capire, nelle democrazie mature il voto serve per portare alla vittoria, il resto è un orpello. È razionale preoccuparsi di votare per vincere. Un’argomentazione assurda, ovviamente. Ma serve a far credere ai telespettatori che restare a casa pensando di perdere sia una scelta economica.
Anche perché non cambia nulla: le elezioni non vengono abolite e la palla passa a chi vince. Come sempre. Che votino, dunque, coloro che ritengono di poter vincere (i sondaggi guidano la decisione). I cittadini che ragionano così sono maturi.
Quelli che scendono in piazza e votano per i partiti di opposizione sono irrazionali e immaturi. La favola che ci viene propinata è che la democrazia è dominio della maggioranza. Appartiene a chi vince, con tolleranza verso chi perde e si ostina a votare e magari a scendere in piazza.
Sembra il clone del regime ungherese, dove a fronte di una super-maggioranza, ottenuta con riforme funzionali della Costituzione, c’è ora un’opposizione parlamentare irrisoria e piazze vuote. Una democrazia matura.
E’ lodevole che in Italia si inizi a sollevare il problema della democrazia sostanziale a 76 anni dalla entrata in vigore della Costituzione, che non mai stata attuata interamente e mai, quanto attuata, lo è stata correttamente.
Del resto i nostri Liberatori dal Nazifascismo non avrebbero potuto trasformarsi in Occupanti, usare il nostro territorio come loro base strategica per il controllo militare e politico del quadrante euro-mediterraneo se la Costituzione fosse stata interamente e correttamente attuata, visto che questa sancisce l’Italia come Stato sovrano e democratico e che questo status sarebbe incompatibile con quello di satrapia dell’impero anglosassone.
Chi sono i satrapi è evidente: i partiti, tutti, che si alternano al potere mettendo in scena la farsa della democrazia per vestirsi di legittimità democratica, ma che sono tutti obbligati a giurare fedeltà all’imperatore.
Sono i partiti ad avere in mano lo Stato, nonostante la Costituzione li nomini nel solo articolo 49, e solo per definirli come associazioni di cittadini e obbligarli al “metodo democratico”, per cui non avrebbero alcun ruolo, in quanto partiti, in nessuno dei passaggi istituzionali e in nessuno degli organi costituzionali. Il contrario della realtà.
Purtroppo tale articolo avrebbe dovuto essere attuato con legge, e in 76 anni una tale legge non è mai stata emanata, per cui i partiti possono assumere la classica forma di gerarchia piramidale, democratica solo di nome, con un vertice facilmente assoggettabile dai Liberatori/Occupanti, che dispongono di tutti i mezzi necessari per ridurre all’obbedienza i capi di associazioni di diritto privato quali sono i partiti.
Ma non sarebbe stato sufficiente lasciare nel limbo l’articolo 49, occorreva lasciarci anche l’articolo 67, anche questo mai attuato con legge.
Il motivo è semplice: l’articolo 67 definisce i membri del Parlamento rappresentanti della Nazione liberi dal vincolo di mandato e, a fortiori, dal vincolo di partito.
Se fosse stata varata una legge di attuazione di tale articolo i membri del Parlamento sarebbero stati protetti da ogni influenza esterna, compresa quella dei partiti che li hanno candidati, soggetti solo alla propria coscienza.
Non esistendo tale protezione, per i capi partito è facile indurre all’obbedienza i membri del Parlamento col ricatto dell’isolamento per espulsione dal partito e dal gruppo parlamentare e con la minaccia di non ricandidatura ai “disobbedienti”.
In questo modo i capi partito, satrapi dell’Impero anglosassone, hanno buon agio a fare dei membri del Parlamento i loro dipendenti, così da dettargli le leggi da mettere in cantiere, quelle da approvare e quelle da respingere, e chi eleggere Presidente della Repubblica.
Il quale Presidente della Repubblica, per prassi eletto tra le fila dei partiti stessi, avvalendosi dei poteri discrezionali riconosciutigli dall’articolo 92, di norma nomina un capo partito a presiedere il Governo.
E il gioco è fatto: i partiti-satrapi hanno in mano Parlamento, Governo, Presidente della Repubblica e possono tradurre in leggi e decreti gli ordini dell’Imperatore. Alla faccia della Costituzione.
Se non avete mai letto o sentito un costituzionalista sollevare questa macroscopica stortura non è a causa della loro incompetenza, è che tengono famiglia pure loro. 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Conclusione. In base a quanto specificato sopra, che è interamente riscontrabile con una lettura attenta della Costituzione, è abbastanza semplice spiegare il fenomeno delle urne vuote: i cittadini italiani hanno intuito che qualunque partito votino mandano al potere un satrapo dell’Impero, per cui considerano inutile recarsi a votare. E anche se votassero uno dei partiti alternativi, essendo anche questi organizzati come una piramide gerarchica, se non sono satrapi lo diventerebbero non appena i loro candidati riuscissero a entrare in Parlamento.
Ma lo intuiscono soltanto: per capirlo bene dovrebbero leggersi la Costituzione, che è stata redatta in modo tale da essere compresa da chiunque sappia leggere. Se i cittadini italiani mandassero a quel paese gli illustrissimi dottori in diritto costituzionale e si affidassero alla conoscenza diretta della legge fondamentale, non si farebbero così facilmente usurpare la sovranità che l’articolo 1 assegna al popolo, non ai partiti.
Ma la soluzione esiste. Se l’articolo 49, essendo inattuato, non obbliga i partiti ad essere ciò che dovrebbero: democratiche associazioni di cittadini guidate dalla assemblea degli iscritti, nulla vieta che un partito nuovo si conformi volontariamente per statuto al dettato di tale articolo.
Un partito democratico, senza capi, guidato dalla assemblea degli iscritti con votazioni online (il congresso annuale è una parodia della democrazia interna), sarebbe ostico da “addomesticare” e trasformare in satrapo.
Se poi tale partito si dotasse anche di personalità giuridica, che nessun partito esistente possiede, si metterebbe al riparo da violazioni dello statuto e da golpe interni che ne azzerino la struttura democratica. Si può fare, purché se ne parli.
"Mi piace""Mi piace"