A due anni dall’invasione, l’esercito di Kiev minimizza ma uomini e munizioni iniziano a scarseggiare

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – Un rullo compressore. Lento, implacabile, metodico, indifferente a ogni sussulto, a ogni asperità del terreno. Tritura, sminuzza, appiattisce, frantuma, scava il suo solco in piena carne, taglia nel vivo, polverizza: città, strade, ponti, uomini, soprattutto uomini. Avanza seguendo la linea tracciata senza scarti, senza cambiare velocità. Dietro lascia un sottile velo di polvere che si deposita lento su quello che polvere è diventato. L’esercito russo, l’esercito di Putin, come quello di Stalin o di Pietro il grande. La sua forza è questa meccanica, inumana indifferenza, un terribile ablativo assoluto: “detracta pietas”, tolta la pietà. Le perdite mostruose? Non ci bada perché ha infiniti arsenali di materiale umano con cui far funzionare la caldaia del frangipietre bellico. Le sconfitte, le ritirate, le unghiate sanguinose del nemico non le avverte, non lo distolgono dal suo metodico annientare. Il passare del tempo, le sofferenze delle retrovie, la miseria dei non combattenti, l’isolamento internazionale, le accuse di crimini, l’esser indicato come mostro o nemico assoluto: nulla lo arresta, non dubita, non si sfascia.

L’Ucraina dopo due anni di sacrifici eroici sta perdendo la guerra, giorno dopo giorno, lentamente. Non perché, come proclama Zelensky, difetta di munizioni, un diversivo per nascondere la realtà a una popolazione esausta. La guerra ha una logica spietata, una matematica che non concede più soluzioni. Chi è più grosso vince. Soprattutto una guerra come questa che non è guerriglia, dove talora le proporzioni si ribaltano. È una guerra atrocemente “classica”, dove il problema insolubile è la mancanza di uomini.

Avdiivka, la fortezza del Donesk espugnata dai russi, non è stata la battaglia risolutiva, come non lo sono state le altre vittorie russe di Mariupol e Bakhmut, solo un’altra tappa del percorso distruttore del rullo compressore. Sopra le rovine macinate dalle bombe da mille chili e le trincee divelte dove si impastano terra scura e sfracellume di ossa la solita immobilità vuota, inconsapevole, indifferente, eterna, purificata, che segue il tumulto delle mischie umane. Nell’impianto chimico, sulla roccaforte ucraina ribattezzata “zenit” ridotta a un guscio opaco di tenebra, gli spari sono cessati, il rumore si è spento, gli oggetti luccicano alla luce spietata dell’inverno ed emergono nel silenzio come se fossero estratti uno ad uno, al rallentatore. Un giorno qui è come mille anni. Questa è la guerra, densa, sorprendente, abominevole, c’ è abiezione, crudeltà, anche grandezza, tutto purtroppo è umano.

I superuomini della “brigata d’assalto” che doveva ristabilire il fronte sono morti o prigionieri. Il destino era segnato da settimane, forse non c’era eroismo da sprecare per un punto strategico che era già inutile, perso, triturato. Eppure la stupidità politica e militare ripete in eterno gli stessi errori: resistere, non arretrare… I soldati migliori, e pochi ne restano, gettati via per niente. Non c’è più nulla di più ottuso in guerra che diventare prigionieri della propria propaganda: i guerrieri invincibili, gli eroi, gli immortali…

Gli ucraini oppongono alla lenta avanzata russa i raid spettacolari, le beffe aeree e marittime, i colpi di mano, è l’estro dei deboli. Materia buona per la propaganda, per i filmati del telegiornale. La consolazione di quelli che la guerra grossa, quella che conta, la stanno perdendo.
In fondo anche stavolta, diranno i tecnici del massacro, non c’è stato nessun grosso cambiamento, il fronte è solo arretrato di qualche chilometro verso ovest, gli ucraini hanno perso, più o meno, lo stesso numero di uomini che perdono ogni giorno, hanno combattuto, più o meno, come in tutte le altre innumerevoli schermaglie di questa tragedia. La bava dell’abitudine, il tran tran a cui ci si abitua, prima o poi, come i contadini alla grandine. Ma questi soldati addestrati e decisi sono insostituibili, perderli è stato come per i troiani perdere Ettore. Sono loro che prolungano le ragioni per combattere anche per gli altri. Non ragioni politiche, la guerra è sempre insensata e stupida. Ma guardarli nelle trincee restituisce padronanza di sé anche nei momenti peggiori della battaglia, ci si aggrappa. I loro compagni, quelli che sono riusciti a sfilar via prima che la morsa russa si chiudesse, i soldati normali che non sono né vigliacchi né eroi, che falliscono, che piangono per la paura e la fatica eppure tirano avanti perché non si può fare diversamente, adesso spiano fuori dalla nuove frettolose trincee. Non c’è pericolo per ora, può tirare il fiato. I russi fedeli al loro metodo, lasceranno passare un po’ di tempo, si riassesteranno, poi riprenderanno ad avanzare distruggendo metodicamente tutto ciò che sta loro davanti.
Un luogo, una data, una concentrazione straordinaria di uomini, di movimenti, di passioni: la battaglia è in apparenza un oggetto finito, delicatamente cesellato dalla orrida perfezione delle sue unità di tempo, di luogo e di azione. Nelle pianure di Ucraina, da due anni, nulla ha la stessa intensità drammatica: la catastrofe dei rinforzi arrivati troppo tardi, l’enigma di un panico improvviso, lo svelamento di una mossa tattica riuscita. Ma chi racconterà, fuori dal campo, i superstiti, vincitori e vinti, e leggerà le lettere a casa che mani tremanti sgualciranno piangendo: è vivo… è sopravvissuto ad Aviitka … e tutte le repliche di un dramma che si è sviluppato collettivamente?
Anche questa battaglia ha avuto immancabilmente una conclusione. I russi che occupano le rovine si sono dichiarati vincitori. Ma per giudicare l’accaduto questo non basta. Bisogna valutarne il costo, la memoria carnale, se vogliamo restare fedeli alla memoria dell’uomo: i feriti, i mutilati, i morti, i prigionieri. Vincitori e vinti, i capi, nascondono come un segreto intoccabile quel prezzo. La grande omertà. Se lo conoscessero i popoli non lo sopporterebbero. Alla fine scopriremo che in quei numeri che grondano dolore era la chiave della vittoria.
Ogni guerra e battaglia richiede un racconto perché esca dalla incertezza. Anche questa si presenterà come una sedimentazione di testi, di proclami, di insulti, di bugie, molte bugie. Tutto ciò gli attribuisce un nome, una data, uno scenario e un valore. Dopo Avdiivka , ha sentenziato Putin con degnazione, c’è stata «una vittoria importante».
A Kiev si minimizza: era inutile resistere, se avessimo avuto più munizioni… nessuna ritirata! Ci siamo assestati su posizioni più solide…». È incredibile come passino i secoli e negli stati maggiori non si sia inventato nulla, si balbettano le vecchie frottole: il nostro esercito ha raggiunto, marciando all’indietro, le posizioni previste…
Ucraini e russi dopo due anni sono stati riportati al grado zero di un conflitto; smarriti gli obiettivi iniziali irraggiungibili, li hanno sostituiti con una entità vuota. Per entrambi la vittoria può definirsi solo attraverso l’annientamento del nemico. E ciascuno dei due, se gli si parla di tregua (ma chi ancora lo fa?), risponde con disprezzo, con l’argomento schiacciante di Minerva in Omero: non la vogliono i morti.
Implacabile vena poetica di Quirico che non trova pace avendo descritto per decine di mesi il contrario di quello che ci racconta liricamente adesso.
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Un TdiC pensasse qualche volta a CALLIPARI !
Si è fatto ammazzare da un soldato italoameri cane per salvare sto tdic di poetastro della distruzione e morte.
Quando crepa faccio bisboccia per tre gg.
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Sintesi: per l’Ucraina il tavolo della pace (prima o poi verrà allestito), sta diventando ogni giorno più costoso, in termini di perdite umane e di territori.
Bravo Menego!
Un po’ in ritardo, ma bravo.
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Bravo un caxo spero che crepi presto.
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eeee…bidè gli manda gli F24 …hahaha… per pagare i debiti per la ricostruzione e le armi in viate….
Poveri ucraini …che brutta fine..le mani USA sull’Ucraina;mi ricorda il nostro debito … verso i liberatori!
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Ma tanto barocchismo omerico per dire che i Russi stanno vincendo perché hanno più uomini! Ma non era tra quelli che sostenevano che iRussitiravano fuori canaglie dalle carceri pur di disporre di combattenti in numero sufficiente? ELA guerra ipertecnologica fatta da ingegneri e analisti? Invece secondo Quirico diamo agli 8 milioni di baionette, che poi è piuttosto sballato, Ucraina aveva circa 45 milioni di abitanti, Russia 140. E Ucraina con appoggio non indifferente di 27 paesi, con l’impero americano in prima fila. Non è certo il rapporto tra Israele ed i paesi arabi nel 1967, cosa vuol dimostrare Quirico? Che venga sulla costa spagnola a vedere quanti SUV con targa Ucraina guidati da baldi giovanottoni pullulano. Altro che combattere all’ultimo uomo come affermava Vespa.
Quel che a me sembra è che gli Ucraini ne han piene le palle della guerra, di Zelensky, di Biden e della Vonderlinden e compagni. E vogliono un cessate il fuoco, e Putin si tenga pure Crimea e o last Russofoni.
Come si sarebbe potuto fare nel marzo 2022, se i criminali della NATO non avessero introdotto la fake new di un Putin che avrebbe proseguito le sue conquiste fino a Lisbona
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👏👏👏👏👏👏
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Stavo per ricordarlo io: che Quirico parli – insomma, si mettano d’acordo gli uni con gli altri senza frantumarci troppo le palle – con un certo Severgnini, che dalla Gruber l’anno scorso raccontava di aver fifa perché “questo pazzo ‘come Hitler’ va fermato, altrimenti arriva in Portogallo”, chiudendo poi sistematicamente ognuno dei propri (s)ragionamenti con “Vincere, vincere, vincere!”: quando qualcuno gli faceva presente che in questi termini si combatteva “fino all’ultimo Ucraino”, questo furbetto faceva spallucce alzando gli occhietti al cielo.
Ecco, chissà se il giornalista (hahahaha) capellone bianco dallo sguardo acuto adesso si sta facendo due domandine. Ove non se le stesse facendo, sarei tanto (ma tanto) curioso di fargliele io stesso, guà.
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Gli ucraini maschi danno al corrotto stato ucraino 5.000 euro a testa per raggiungere le famiglie in Europa che vengono pagati dalle donne rifugiate e così vengono risparmiati dalla leva obbligatoria !
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Severgnini si appresta solo a prendere il posto di Vespa alla sua morte , né più né meno
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Non “diamo”, siamo agli 8 milioni….
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