
(di Massimo Gramellini – corriere,it) – È morto Alfredo, l’amico del cuore «che con i suoi discorsi seri e inopportuni mi fa sciupare tutte le occasioni». In realtà si chiamava Andrea Giacobazzi, ma Vasco Rossi gli cambiò nome in corso d’opera: «Colpa d’Andrea» non suonava altrettanto bene.
La storia è nota, o forse no. Il giovane Vasco abborda in discoteca una certa Daniela, che accetta di farsi riaccompagnare a casa. Tipico maschio italico, Vasco seduce le donne per potersene vantare con gli amici. Infatti, corre a informare Andrea-Alfredo, ma mentre quei due filosofeggiano, Daniela si allontana con l’abbronzatissimo Santino, proprietario di una Bmw e di un apparato riproduttivo intorno al quale in tutta Modena fiorivano leggende. Rimasto solo e con le stimmate del reietto, il futuro rocker impugna la chitarra e dal cuore, o appena più sotto, gli sgorga il noto versaccio: «Ho perso un’altra occasione buona stasera, è andata a casa con il ne… la tr…».
Le parole che ho coperto di puntini, negli anni Ottanta e Novanta le urlavamo a squarciagola nei concerti. Già le radio del tempo le censuravano, ma a nessuno di noi passò mai per la mente di offendere i neri e le donne, pronunciandole. Erano un modo per identificarci nella frustrazione dello spasimante sconfitto. Era la sua, la sensibilità in gioco, non quella dei bersagli dello sfogo. Sono cambiato, siamo cambiati. Tranne che in una cosa: la propensione a incolpare gli altri per i nostri insuccessi. Anche ricoperta di puntini, «Colpa d’Alfredo» resta il manifesto dei vittimisti. Un vero inno nazionale.
“Già le radio del tempo la censuravano”
Si……ma solo per la parola troi@, non certo per l’insulto “razzista”.
All’epoca il politically correct era applicato in maniera più normale e non esasperandolo fino a renderlo fastidioso e ridicolo come ora.
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