LA SOCIOLOGA – “L’Adi aggrava i requisiti e penalizza le famiglie senza figli minori: il crollo ci fa tornare un Paese della carità”

(DI ROBERTO ROTUNNO – ilfattoquotidiano.it) – “Che il Nord sarebbe stato ulteriormente penalizzato dalla nuova misura contro la povertà era prevedibile. Quelli della Lega non se ne erano accorti perché non fanno i conti sulle decisioni che prendono”. Chiara Saraceno, sociologa e già presidente del nucleo di valutazione sul Reddito di cittadinanza, aveva detto quasi un anno fa che le Regioni settentrionali sarebbero state le più colpite dalla riforma. I primi dati sulla distribuzione territoriale dell’Adi le danno ragione. Al Nord avevamo il 20% dei nuclei beneficiari del Rdc; con l’Assegno di inclusione si è scesi all’11%.

Professoressa Saraceno, qual è la spiegazione di un simile crollo, specie al Nord?

Il motivo è nelle condizioni di accesso diventate molto più stringenti, sia sul piano della configurazione della famiglia, sia dal punto di vista economico. Bisogna verificarlo, ma sospetto che molti beneficiari del Nord fossero senza figli minorenni. Inoltre, i criteri economici, cioè 9.360 euro di Isee e 6 mila euro di reddito, sono solo sulla carta gli stessi del Rdc. Infatti, ora nel conteggio non contano più gli adulti; questo di fatto abbassa la soglia. In poche parole, il figlio maggiorenne e il secondo genitore non contano. Dato che il reddito famigliare era l’elemento che già prima escludeva la gran parte delle famiglie, e date le disuguaglianze territoriali di quel parametro, ora è ancora più facile di prima restare fuori.

Come è possibile che la Lega, così legata all’elettorato del Nord, non se ne sia accorta?

Possibilissimo, perché non fanno i conti delle loro decisioni, anche se a dire il vero pure quelli di sinistra spesso non li fanno. Hanno visto che, secondo le stime, avrebbero risparmiato risorse e questo li ha rassicurati. Ora bisogna vedere se avranno delle proteste, ho sentito che anche a Torino ci sono state contestazioni di famiglie con figli minorenni. Questo meccanismo non è chiarissimo. Nel calcolo del reddito, conta solo un adulto; gli altri adulti vengono considerati solo a certe condizioni. Una famiglia beneficiaria del Rdc con due adulti e un minorenne, anche a parità di condizioni economiche, ora è fuori dall’Adi.

Perché, di fronte a una platea crollata di due terzi, non si registrano grandi tensioni sociali?

Secondo me perché c’è stato un forte effetto di criminalizzazione, delegittimazione, quindi ciascuno ne soffre, protesta con l’assistente sociale, si scarica negli uffici comunali ma queste persone non si sentono legittimate perché temono di essere presi a pesci in faccia se protestassero per strada.

Perché la povertà al Nord è così sottovalutata nel dibattito politico, pur essendoci in quelle Regioni il 43% delle famiglie povere assolute?

Il Nord ha più poveri in valore assoluto perché è più popoloso. L’incidenza sul totale dei residenti, però, è molto più alta al Sud. Una larga fetta della povertà al Nord riguarda gli stranieri. In più, si pensa che al Nord sia più transitoria, magari legata alla perdita del lavoro, ma poi ce la si fa. Non è sempre così.

Qual era la soluzione per non penalizzare i poveri residenti nelle aree settentrionali?

Con il comitato che ho presieduto abbiamo suggerito uno strumento a due livelli; quello nazionale avrebbe garantito un Reddito di cittadinanza uguale per tutti, anche abbassando un po’ l’importo. Il secondo sarebbe stato affidato a livello regionale. Per esempio, l’integrazione per l’affitto potrebbe essere calibrata a livello locale.

A gennaio 2023 1,1 milioni di famiglie prendevano il Reddito di cittadinanza in Italia; ora solo 287 mila prendono l’Adi. Dove sono finite le persone che hanno perso i sussidi?

Qualcuno, vista la ripresa dell’occupazione, avrà superato le soglie di reddito; molti altri saranno finiti nel nero, altri si staranno scaricando sui Comuni, sulla Caritas, sulle varie beneficenze, che infatti dicono di assistere a un aumento del numero di chi si rivolge a loro per pagare l’affitto, le utenze, la mensa. Siamo ritornati un Paese della carità.

Forse a questo governo interessava solo mostrare di aver mantenuto la promessa elettorale dando un taglio netto al sussidio anti-povertà?

È così purtroppo, anche perché su questa linea non c’era solo la compagine di questo governo. Italia Viva voleva proporre un referendum, c’era Calenda e anche dentro al Pd c’erano ambivalenze. La resistenza a ogni modifica da parte dei Cinque Stelle non ha giovato. Il governo Meloni lo voleva abolire, ma si sono accorti che non possono parlare di natalità togliendo l’aiuto a tutti e hanno dovuto fare questo pateracchio, lo ha detto anche l’Ocse che è una fonte non sospetta di sinistrismo.