(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Il «caso Ilaria Salis» dovrebbe riguardare esclusivamente il fatto che una cittadina italiana è stata portata in catene dentro il tribunale di un altro Paese dell’Unione europea. Quali siano le sue idee politiche, e quale reato abbia eventualmente commesso, sono questioni che vengono dopo e che soprattutto non c’entrano nulla col tema, a meno di voler affermare che i principi universali di umanità vanno applicati solo a chi è imputato per certi reati, e non per altri, e solo a chi la pensa in un certo modo, e non in un altro.

Invece si assiste al solito derby: essendo la Salis una militante di estrema sinistra accusata di essersi azzuffata con militanti di estrema destra, una parte la esalta come un’eroina e l’altra la dipinge come una mezza terrorista.Salvini è arrivato ad attribuirle l’assalto a un gazebo della Lega e ad additarla come un pericolo per i bambini, dato che è una maestra: un bel modo di aiutare la causa di chi sta cercando di farle avere un trattamento più civile. In base al copione di questo teatrino che va in scena da anni ogni giorno su ogni argomento, se Ilaria Salis fosse stata di estrema destra — e francese, anziché ungherese, il tribunale che l’ha umiliata — l’indignazione di Salvini avrebbe subito cambiato bersaglio, mentre chissà se a sinistra avrebbero sventolato con altrettanta passione la bandiera del garantismo. Una cosa è certa: nel caso in cui Salis fosse stata apolitica, temo che di lei e del suo destino non sarebbe importato niente a nessuno.