(di Massimo Gramellini – corriere.it) – «Cos’ha detto Mattarella?», domanda una voce gentile di donna, con il tono di chi sa benissimo cos’ha detto, ma vorrebbe sentirselo ripetere dall’interlocutore. «Con tutto il rispetto, signora, lui non è il mio Presidente», risponde una voce d’uomo altrettanto cortese. La signora sembra sorpresa: «Di che Paese è lei?». E lui, lapidario: «Non l’ho votato, non l’ho scelto io, non lo riconosco». Se, basandosi solo sull’audio, mi avessero sfidato a tracciare l’identikit dei due protagonisti di questo breve dialogo avvenuto durante la manifestazione milanese a favore della Palestina di sabato scorso, non avrei avuto il minimo dubbio: la signora che fa riferimento a Mattarella sarà una borghese benpensante, se non addirittura una rappresentante delle istituzioni. Mentre l’uomo che prende le distanze dal Presidente, contestandone la legittimità a parlare in suo nome, è con tutta evidenza un anarchico o un sovranista, comunque una persona allergica allo Stato e all’autorità.

Guardando le immagini, si scopre invece che la donna che sventola l’icona di Mattarella è una manifestante novantacinquenne di estrema sinistra e il signore che si rifiuta di riconoscerlo come Presidente un carabiniere in servizio. I cultori del «mondo al contrario», per dirla alla Vannacci, ne dedurranno che Mattarella sia il capo degli insorti e che abbia appena compiuto un golpe con l’appoggio determinante della signora di novantacinque anni, mentre l’eroico carabiniere guida la resistenza.