(di Michele Serra – repubblica.it) – La polemica sul limite dei trenta all’ora in vaste zone di Bologna (e altrove) impressiona per la sua prevedibilità, quasi paradigmatica: quando si tratta di limiti (della velocità, dello sviluppo, del potere, dell’arricchimento individuale, del corteggiamento, di tutto) già si sa che la sinistra è favorevole a riconoscerli e/o a indicarli per legge; la destra è contraria.

Il Salvini, in questo senso, andrebbe studiato da un pool di antropologhi: incarna l’uomo di destra — la destra moderna, alla Trump, alla Milei, alla Briatore, non quella antica, che era tutta un’altra cosa — con magistrale efficacia. Se c’è una cosa di destra da fare o da dire, lui la fa e la dice.

Sorvolando sui tanti possibili corollari e le tante evidenti eccezioni, potremmo dunque dire che la sinistra pecca di pedanteria e di legalitarismo; la destra di menefreghismo e di superficialità.

Mentre la sinistra rallenta meditando, la destra la sorpassa strombazzando. La destra spara ai ladri, la sinistra si affida, fiduciosa e un tantino babbea, all’iter senza fine della giustizia di Stato.

La destra parla schietta come chi offende perché se ne strafrega di offendere, la sinistra parla cauta come chi ha a cuore tante di quelle cose che non sa più da quale cominciare.

A questo punto immagino che vi aspettiate una conclusione, ma una conclusione non ce l’ho. Mi riconosco, e lo sapete già, nel novero di quelli che rallentano, si guardano intorno, si domandano se stanno dando disturbo agli altri.

Ma dubito di riuscire a prevalere sul fascino basico, animalesco, della prepotenza: a meno che, come Gassman nel Sorpasso, i menefreghisti vadano a schiantarsi, e tocchi a noi, non so dire quando e come, soccorrerli.