
(Giuseppe Di Maio) – Finalmente si è giunti all’osso, e naturalmente è il Fatto Quotidiano a divulgarlo. Il rapporto Oxfam racconta che la disuguaglianza aumenta, e dimostra che essa non è un prodotto naturale ma della politica. Ormai Thomas Piketty ha un vasto seguito, e dalla pubblicazione di Atkinson, “Inequality”, nessuno studioso si prodigherebbe a dimostrare che la disuguaglianza è un mero effetto di meriti e demeriti personali. Solo nel mondo politico, dove le conquiste della scienza scadono a opinione, la verità è ciò che crede la maggioranza, cioè le balle che i suoi beniamini le hanno raccontato.
Se in Italia il divario tra ricchi e poveri ha accelerato durante l’ultimo governo, vuol dire che i provvedimenti varati dalla squadra di Meloni non portano solo ad una generica corruzione, ma a un preciso ordine che è il vangelo di tutte le destre. Crediamo forse che cancellare il poco welfare, costruire una giustizia classista, assolvere i ricchi dal dovere di contribuire alle spese del loro Stato, non retribuire adeguatamente il lavoro della nazione, sia solo un corpo di norme di gusto ideologico, contentini al popolo elettore, ricompensa delle lobby che hanno favorito la propria elezione? No, sono tutto questo e molto di più: un’idea ben chiara di società, un posto dove la democrazia viene usata per costruire le sbarre della prigione in cui gli onesti sono obbligati a lavorare per i farabutti. Ecco la disuguaglianza: un divario morale che costringe tanti all’egemonia ideologica dei furbi, al dileggio, al disprezzo sociale, all’epiteto di “coglione”.
E allora il primo scherno è la menzogna, la convinzione che sia il merito a generare la disuguaglianza. Un adagio che sento ancora nelle orecchie urlato da ogni genere di ipocriti: “i giovani”, “i meridionali”, etc…, “i poveri” insomma, non vogliono lavorare, non sono capaci di sacrificio. E invece, altro che meriti! Stavano difendendo un vantaggio rubato, acquisito per nascita, tenuto in vita dall’ingiustizia politica. E quand’anche ci fosse qualche impalpabile virtù, non è possibile che produca un così crudo divario.
E allora, persino i ricchissimi cominciano ad invocare la tassazione dei propri patrimoni cresciuti a dismisura. Essi hanno capito che l’intero sistema non potrà reggere se resta totalmente unidirezionale, se gli Stati continueranno ad essere un collettore che trasferisce ricchezza dalle tasche dei miseri a quelle dei facoltosi. Poiché sarà in pericolo tutto il Capitalismo che sul consumismo poggia la sua essenza; sarà in pericolo la pace e l’ordine sociale. Ma la democrazia e la modernità ci hanno fatto il loro estremo regalo, il più indesiderato. Secoli d’ingiustizia hanno fatto emergere ceti sociali dall’affamato animo popolare che desiderano prendere il posto del padrone. Sebbene poveri e sfruttati, essi aspirano al vertice della società, reclamano il buon esito della loro lotta, credono che sia venuto il loro turno, a qualunque costo. Sono un’orda senza legge, senza visione politica, pronta a calpestare il proprio simile pur di vincere la partita; capiscono solo la dimensione privata, le ragioni del loro animo miope, il vantaggio sul proprio concorrente di classe.
Di Maio ottimista oltre misura.
Non mi farei troppe illusioni.
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Faccio i miei complimenti all’unico Di Maio che li merita
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Solo una piccola parte di ricchi invocano una maggiore ridistribuzione. La maggior parte continua a rapinare la popolazione con stati compiacenti
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” Un adagio che sento ancora nelle orecchie urlato da ogni genere di ipocriti: “i giovani”, “i meridionali”, etc…, “i poveri” insomma, non vogliono lavorare, non sono capaci di sacrificio.”
A parte coloro che fanno del lavoro LA propria ragione di vita per una serie di ragioni del tutto personali, ritenere che l’essere umano abbia voglia di lavorare a prescindere dall’interesse, dal tornaconto e soprattutto dalla necessità mi sembra un po forzato.
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Articolo che dovrebbe essere letto in tv, a reti unificate, sostituendo il telegiornale unico che racconta ed esalta questo mondo distorto.
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Purtroppo i poveri quando vanno a votare votano in maggioranza per chi sta con i ricchi
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E gli alberi votarono l’ascia perché li aveva convinti che, avendo il manico di legno, era come loro.
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Poi però arrivarono le asce moderne, col manico di plastica. E tutto il (sotto)bosco riprese a sperare che gli alberi si sarebbero, prima o poi, svegliati…
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