Gli Stati Uniti stanno mettendo a dura prova la pazienza di mezzo Medio Oriente, ma l’Iran e i suoi vassalli libanesi di Hezbollah per ora evitano di allargare il conflitto

Se l’imperialismo occidentale torna a far tuonare i cannoni

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – E pensare che il gesticolante Blinken, segretario di Stato che è una caricatura del cinico ma almeno efficiente Kissinger, continua a mettere alla prova la pazienza di mezzo vicino Oriente con le sue visite da zio d’America, burbero e inconcludente. Vezzeggia tutti annunciando che si sta dannando come il suo datore di lavoro Biden per evitare che lo scellerato scontro tra palestinesi e Israele diventi una catastrofica mischia generale! Eccola qua bella e servita con le cannoniere del Mar Rosso la internazionalizzazione dell’ennesima faida (si è perso il conto e la pazienza) tra i litiganti di Palestina.

Nel vicino Oriente gli Stati Uniti, vacillante e sempre più svigorito colosso, avevano l’occasione con la tragedia di Gaza di guardarsi nello specchio di una catena di fallimenti radicali e conservatori, legati a un pus di vecchie formule ipocrite.

E invece, che malinconia: le cannoniere! La pericolosa anacronistica naftalina dei tempi del razzista e delirante Theodor Roosevelt! Quando la Terza guerra mondiale più o meno a puntate sarà, speriamo, contenuta bisognerà per rimetter insieme i cocci, oltre che tagliare gli artigli dei nuovi imperialismi autocratici russo cinesi e delle scalate messianico-terroriste, anche smontare pezzo a pezzo gli imperialismi anglosassoni, degli Stati Uniti e quello grottesco del maggiordomo britannico, ponendo termine a questa pretesa arrogante di poter decidere quando, dove e come i loro interessi debbano essere tutelati. In diritto di ingerenza non in nome della democrazia e di Antigone ma dei propri affari che sta affondando tutto l’occidente, Europa compresa, nella violenta antipatia del resto del mondo.

Se non volassero le cannonate il fronte del mar Rosso sembra una rilettura di Paul Nizan e André Malraux in imbarazzante ritardo cronologico: i deserti di pietra che spalancano le vie dello Yemen, o torbidi segreti e le trame dell’Arabia felice con i giardini di San’a, e Aden sentinella dell’impero britannico sulla via delle Indie, che ronza di mille caffè fumosi dove sfaccendati senza tempo fumano beati i narghilè rianimandone il carbone, e preziose carovane fanno scivolare nelle mani rugose dei bazar sterline, talleri e rupie.

Si rimestano le ceneri dell’impero, nella piccola isola che ormai offre notizie solo per divorzi dimenticabili, incoronazioni inutili e gravidanze titolate si tenta con un ultimo e insulso sussulto di agitare fantasmi del passato remotissimo. Come ai tempi della imperatrice Vittoria. Perfino le domande sono anacronistiche: il Mar Rosso è forse ancora acqua territoriale della Gran Bretagna? Una nazione che ha costruito l’impero con i pirati e i corsari, gallonati saccheggiatori come Drake e Morgan riveriti con il titolo di baronetto e il bacio della giarrettiera con che diritto storico fa il gendarme marittimo in questa parte del mondo? Chi ha affidato il mandato a Stati Uniti e Londra di navigare militarmente da queste parti?

Uno dei problemi del disordine del mondo oltre alle prepotenze banditesche di Putin e ai furori omicidi dei jihadisti non è forse il fatto che gli americani continuano a pensare di avere la responsabilità senza controlli e vincoli del benessere del sistema di questo capitalismo feudale e mondiale che i corsari del Mar Rosso con i loro barchini metterebbero in pericolo? Quando lo Yemen del Nord ha indicato che gli assalti, peraltro innocui, al traffico commerciale nel Mar rosso sono legati alla guerra a Gaza e a una strategia per costringere gli alleati di Israele colpiti nei loro affari, a porre fine alla rappresaglia nella Striscia. L’equivalente dell’arma petrolifera con cui i Paesi arabi cercarono in passato di isolare l’imbattibile Stato ebraico.

Una scaramuccia periferica e con pochi mezzi, in fondo. Invece una propaganda starnazzante l’ha trasformata nel vero problema del vicino Oriente, non i massacri della Palestina o il fronte libanese: i motoscafi huthi che strangolavano i guadagni del capitalismo finanziario universale, le catene di rifornimento della sgangherata mondializzazione! Si muovano dunque le flotte contro queste nuove forze delle tenebre annidate nelle terre della regina di Saba.

L’Iran e il suo vassallo libanese hezbollah da tre mesi evitano di scatenare l’allargamento del conflitto, accontentando le speranze del premier israeliano Netanyhau che affida al lavacro di un cataclisma generale la sua sopravvivenza politica. Lo hanno fatto certo non per mansuetudine e amore della pace, ayatollah e guardiani della rivoluzione, sempre criminalmente ansiosi di radiare Israele dalla carta geografica. Ma il loro scopo è guadagnar tempo per arrivare alla Bomba: da quel momento tutto cambierebbe e i loro progetti di impero sciita dal mediterraneo al Golfo Persico sarebbero protetti per sempre dal benevolo ombrellone della dissuasione nucleare.

L’attacco americano nel Mar Rosso li mette di fronte alla necessità di replicare per non perder la faccia di fronte ai propri alleati sciiti. Di Hamas i pratici falchi di Teheran possono anche fare a meno, in fondo ha già esaurito il suo compito, gli resta solo quello di un propagandistico «martirio» collettivo. Ma gli huthi dello Yemen sono teologicamente legati all’Iran dal vincolo sciita, colpire loro è come colpire Hezbollah e l’Iran stesso. Non basterà vedendoli sotto le bombe del Satana americano e del suo cagnolino da caccia britannico far urlare la rabbia nelle strade di Teheran.

Sotto lo sciagurato pavlovismo americano alla ricerca di nuovi Stati canaglia da punire (per aumentare consensi elettorali) questa guerra invece di esser contenuta, smussata, spenta moltiplica i fronti. Senza dimenticare la possibilità che Biden voglia fare un favore al suo carissimo alleato saudita, il principe assassino Ben Salman che invano ha cercato di cancellare lo scandalo degli sciiti dello Yemen dal giardino di casa. Con metodi, bombardamenti su bersagli civili come città, scuole e ospedali e un assedio implacabile che puntava a sfinirli con la fame. Crimini da Corte internazionale come si vede. Ma con i petrodollari non si scherza, nessuno ha osato minacciare al regno analfabetizzato dal wahabitismo sanzioni o accuse di genocidio. Il principe modernista e killer ha fallito ed è stato costretto a una tregua umiliante. Ora, con l’aiuto delle cannoniere…