Dagli ayatollah a Putin e Assad, sanzioni e scomuniche dell’Occidente non fanno altro che allungare la vita ai nemici della democrazia

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – Non sta per caso trionfando sulla scena politica mondiale un’«arte nell’essere infrequentabili», un anti-galateo che garantisce a Stati paria, leader canaglia, criminali di guerra, spregiudicati dimissionari della democrazia e dei diritti umani, eccellente salute nella libidine del potere e lunga vita da fanatici, felici e impenitenti perturbatori del (nostro) ordine universale? La risposta è sì. Basta guardarsi attorno. Se fossero efficaci le scomuniche occidentali e i nostri fragranti punti di vista, ad esempio Putin dovrebbe essere archiviato da tempo tra le prove della cattiveria umana, Bashar Assad e signora in fuga dalla vendetta delle Parche in qualche rimasuglio dell’Asse del male, i taleban e l’Iran stramaledetti nella preistoria della blasfemia sacrale, il nord coreano Kim Jong-un solo un reperto da consegnare alla curiosità disinfettata di posteri prossimi. Solo per indicare alcuni nomi perché la schiera di questi Scomunicati irrequieti come gocce di mercurio, prepotenti, striduli e sfrontati è molto lunga, molto di più, purtroppo di quella di noi guardiani del tempio della Giustizia internazionale, però imminchioniti dallo smaniare per la nostra trigonometrica superiorità. E invece. Dove è il metro per misurare la strategia che cambia il nostro delinquente internazionale in un uomo di Stato che sopravvive e prolifica? È per caso il successo? Sì. In politica il successo sana tutto.
Allora il momento è abbastanza oscuro per delineare la grammatica degli impresentabili di successo, e chiarire il mistero per cui passando dalla proscrizione occidentale alla realtà l’illecito diventa lecito, la colpa si fa addirittura merito e monumento. Tanto che alla fine spesso siamo noi che andiamo a mendicare la stretta di mano da colui per le cui tristi faccende esigevamo un tribunale e qualche volta il capestro. Sui loro delitti scende la polvere della dimenticanza. Anticipiamo la risposta: a guardar bene gli Stati canaglia non fanno altro che capitalizzare la nostra realtà fatta di servitù, di compromessi, di calcolo, di intrigo, di mezze parole, di mani sudate, di strizzatine d’occhio o di chiusura di un occhio. E di viltà che si coniuga benissimo con l’egoismo di “badaud” di bocca tonda.
Nel 2019 Staffan de Mistura, sfortunato mediatore dell’Onu nel macello siriano, spiegò il fallimento di quella missione con la motivazione che non avrebbe certo potuto, per risolverla, «stringere la mano a Bashar Assad pronunciando la frase “malesh”». Che si può tradurre: non è grave tutto sommato! Già: c’erano i cinquecentomila morti, le città distrutte, i milioni di fuggiaschi. Oggi Bashar Assad, che può esser considerato un maestro nell’arte di saper convivere, da più di un decennio, con le stigmate di infrequentabile, è ancora al potere, ha riconquistato quasi tutta la Siria che malmena esattamente come all’inizio di questa tragedia. E stringe continuamente mani di coloro che fino ad ora avevano imitato con feroci sogghigni, facendosene vanto, il rifiuto del diplomatico svedese. Il reietto damasceno viaggia, osserva compiaciuto picchetti d’onore e alzabandiera e non solo nei Palazzi dei suoi complici. Non occorre un vaticinio della sibilla per prevedere che prima o poi anche le cancellerie occidentali lo troveranno frequentabilissimo se confrontato a più recenti Incubi.
Allora la tecnica più efficace per vivere felice da scomunicato è quella di non dissugarsi in pentimenti, ma di appropriarsi dell’etichetta di colpevole. Rovesciandola nel suo contrario, facendone un vanto. La qualifica di condannato dalla comunità occidentale è diventata una rendita, un titolo d’onore che porta vantaggi sia in politica interna, consolidando il consenso, sia sullo scacchiere internazionale dove si è in buona schiera. Prima mossa: proclamare che quella qualifica denigratoria non è altro che lo strumento dei dominatori di sempre, americani ed europei, ovvero una realtà egoistica e infingarda che si serve della fame, delle punizioni con le bombe, di Guantanamo e dei tribunali «internazionali». Altro che diritto! I soliti amplessi omicidi, le guerre brigantaggi e il commercio-saccheggio. Confessiamolo: non è difficile convincere i popoli, visto che non senza qualche fondamento ci è appiccicata addosso una fama di intrigo, menzogna, accaparramento, inganno che colorisce la parola Occidente.
In questa trasformazione dello statuto di imputato in scelta assunta, resistenziale e rivoluzionaria, ad esempio Putin e l’Iran sono maestri. Indicati come criminali della politica mondiale rifiutano la legittimità dei giudici, Stati Uniti, Nato, Onu, che a loro volta definiscono infrequentabili. Esclusione e condanna diventano così un destino storico, una sacrosanta missione per cui i loro popoli devono battersi sotto l’alta guida del Capo. Non si subisce più, si lotta. È la retorica putiniana dell’assedio occidentale, della Russia perennemente oggetto per la sua grandezza e virtù delle congiure del Nemico che si scambia solo le maschere: napoleone, i nazisti, la Nato. Gli ayatollah, anime di fuoco, a loro volta “satanizzano” l’Occidente che proibisce all’Iran di avere la sacrosanta atomica di Allah, che lo affama con inique sanzioni, per un vergognoso egoismo di potenza.
Noi ci illudevamo di isolarli, di metterli ai margini squalificandoli. E invece i nostri abracadabra li hanno fatti diventare centrali, dominanti. Le periferie della acidità presuntuosa, e litigiosa, dei G7 si gonfiamo di alleanze e fronti di reprobi. Che tempi quelli in cui l’asse del Male, Iran Iraq Corea del Nord, se li inventava Bush per i suoi traffici. Oggi esistono e sono micidiali: Russia, Cina, Iran…
Abbiamo offerto con fiscalità arroganti una propaganda di eroici dissidenti: soli contro tutti. L’unico pericolo per la conservazione del potere è proprio quello di ricadere nelle carraie della buona condotta. Putin che mette giudizio, che obbedisce alle eteroclite condizioni per avere la pace in Ucraina, ritiro, pagamento dei danni di guerra, punizione per i delitti delle sue armate, non sopravviverebbe un minuto al Cremlino.
Strategie più modeste, ma non meno efficaci sono quelle degli infrequentabili africani. Ad esempio i golpisti del Sahel, l’Alleanza delle caserme tra Niger, Mali e Burkina, che hanno sfruttato la condanna internazionale rovesciandola nella eroica, eterna lotta africana contro le catene della France Afrique. E così sono passati mesi: l’ultimo soldato francese ha ammainato i gaudii appassiti della “fraternité” e i destinatari di ultimatum e minacce festeggiano gli anniversari della “liberazione” con i mastini russi della Wagner .
Non ci sono parole, per commentare un simile cumulo di sciocchezze.
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Beh, la Basile ha appena citato Quirico come furbacchione guerrafondaio…
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Peccato che nella NATO ci sia la Turchia di Erdogan, mentre tra i nostri alleati ci sono Al Sisi e le monarchie Arabe del golfo, altro che Putin. La stessa Ucraina è tutto tranne che una democrazia. Non abbiamo titoli per dare patenti di democrazia a nessuno.
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Una Quiricacata di fine anno per concludere in bellezza il 2023.
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