
(di Massimo Gramellini| – corriere.it) – «Fare soldi per fare soldi per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non ne ho viste». Il memorabile incipit di Giorgio Bocca sulla provincia consumista degli anni Sessanta potrebbe essere una degna epigrafe del fenomeno degli influencer, che ha in Chiara Ferragni la sua regina di denari in caduta libera.
Gli influencer hanno colto l’affare del secolo, la solitudine dei consumatori, e hanno organizzato un mondo in cui si spacciano per loro amici, offrendo un pacchetto esistenziale completo, buoni sentimenti inclusi: la famigliola un po’ litigiosa ma tanto coccolona, le battaglie per i diritti civili che a differenza di quelli sociali non danno fastidio ai signori del fatturato e, dulcis in fundo, una spolverata di beneficenza allo zucchero, in senso letterale: Selvaggia Lucarelli, che è la nemesi di Ferragni, dopo avere scoperchiato il pandoro di Natale ha trovato una sorpresa anche nelle uova di Pasqua. Lo schema è abbastanza simile: la fata buona annuncia il suo «sostegno» a un progetto di beneficenza per ragazzi autistici, mentre invece è la Dolci Preziosi a ricompensare l’influencer per il disturbo con un assegno clamorosamente superiore a quello riservato ai bambini (un milione e duecentomila euro contro trentaseimila).
Ho iniziato con Bocca e finirò con un altro Giorgio. Gaber: «Non temo Ferragni in sé, temo Ferragni in me». Da quando abbiamo smesso di credere nei nostri sogni per affidarli ai piazzisti patinati?
Che mestiere fantastico quello del giornalista: qualsiasi cosa succede sei sempre dalla parte della ragione.
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Gramellini, l’essere umano ha sempre bisogno di idolatrare un vitello d’oro!! Più sono poveri di spirito, più ne hanno bisogno!! Manca la profondità dell’anima, manca il pensiero, l’altruismo vero, l’ego e la pochezza prendono il sopravvento! Si può avere ammirazione per qualcuno, senza però diventare, dei fanatici idioti creduloni!!
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Bellissimo commento! 👏🏻👏🏻👏🏻
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Riflessione di un vecchio signore.
Non immaginavo che trucco e acconciatura potessero trasformare una donna “assolutamente normale”, anzi un po’ “bruttina”, in una strafiga!
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Da vecchio signore bonariamente condivido, tranne la strafiga: non lo è nemmeno truccata. Truccata è accettabile come tante se ignori chi è e quindi non ti fai suggestionare. Tanto più se magari la incontri per strada come altre donne.
Dopodiché, meglio non ignorare il trucco al contrario: quello che può anche abbruttire alla bisogna (e in questo caso, altro che bisogna per salvare l’immagine che si è venduta).
A me non stupisce ciò che emerge di loro e che li riguarda; mi stupisce ogni volta il parco buoi che crede a questi personaggi fino a farsi dire come atteggiarsi, vestirsi, cosa comprare, ecc.
Il vuoto cosmico che si alimenta di un altro vuoto cosmico che però è almeno sapientemente venduto a caro prezzo.
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che differenza c’è tra una “influencer” e la maggior parte dei “giornalisti” di oggi?
un “influencer” è capo di se stesso qualsiasi cosa faccia,
mentre il “giornalista” di oggi dice e scrive quello che vuole il capo, compreso il Grammelot “fustigatore” a contratto.
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Oh, bravo, hai centrato il punto! Son tutti “influencer” i giornalisti, come il più grande “social network” della storia dell’umanità, che è la TV.
Più metti ovvietà lapalissiane sotto agli occhi di tutti, e meno le noteranno. Incredibile.
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Manco avesse “stuprato, “La bella società”. Al limite, forse, una discutibili miliardaria ammirata, premiata a livello internazionale.
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Ogni tempo ha il suo modo di fare pubblicità: siamo passati dai manifesti ai brevi spot radiofonici, al product placement nei film e nelle serie (impossibile dimenticare l’immancabile sigaretta in tutti gli episodi di Perry Mason), al carosello. Ecco poi la nascita delle TV commerciali con le pubblicità sparse a larghe mani in TV, come facevano i contadini con le sementi. La pubblicità è stata il motore dell’economia non industriale, poi sono arrivati i motori di ricerca tra cui google e la pubblicità ha cambiato faccia molte volte, aggiungendo via via nuovi canali tra cui youtube con la pubblicità embedded fino ad arrivare gli influencer che sono un po’ l’equivalente moderno del product placement.
Mi dà fastidio la Ferragni? Mi danno fastidio gli influencer? Certo che no. Quello che può darmi fastidio è il concetto di pubblicità. Nata per informare dell’esistenza di un prodotto con delle semplici presentazione ha fatto sempre più uso della psicologia per far vendere i prodotti. Da una parte la Ferragni si è scelta un lavoro che ha pari dignità di tutti gli altri lavori pubblicitari che si sono susseguiti. I don’t blame the person, I blame the actions.
Ricordiamoci sempre che per aver successo in qualunque campo bisogna avere le idee e saperle realizzare. Quante volte ho sentito dire “quello? potrei farlo anch’ío! che ci vuole?!” da persone che passano il weekend con la radiolina all’orecchio per ascoltare la partita e nella settimana fanno lavori nobili, come tutti i lavori, che non gli danno né soddisfazione né un salario adeguato ai loro desideri.
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Non ricordo più chi scrisse ‘ gli influecer sopravvivono grazie ai deficenser ‘.
Ora ha ragione più che mai.
aspetto la messa in rete della contabile bancaria di versamento da 1 milione della signora
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L’han detto già in due, lo ridico anche io. Tutti – soprattutto i giornalettisti – contro gli “influencer” generalmente parlando, dimenticando di ricordare che i suddetti giornalettisti siano gli influencer più possenti del mondo. E dimenticando anche di dire che, a parte saperlo fare (non è automagicamente vero: per dire, la Ferragni e la Lucarelli lo san fare, Gramellini no; gli piacerebbe, e quindi quando può, si vendica), sono comunque anche quelli che vengono stra-pagati (parlo di firme “importanti”, non certo del ragazzino fresco di laurea appena entrato in redazione) da un boss di direttore o proprietario, e sempre sistematicamente amico del partito di turno.
A Gramellì, bella vita, eeeeehhhh? 💪🏼
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