
(Dott. Paolo Caruso) – A giorni sarà Natale, e con questa festa molto attesa, espressione di pace e serenità, ci si avvia alla fine dell’anno 2023. Un anno che ci lascia paure, macerie, morti, due confltti in corso a noi vicini rispettivamente in Ucraina e Palestina che non accennano a quietarsi, e una economia sempre più compromessa. L’avvento al governo di una destra lontana anni luce da quella che rappresentò la destra sociale del secolo scorso ha esposto il Paese ad una fragilità estrema che a giudizio di molti sembra senza ritorno. La questione meridionale con il divario stridente tra nord e sud sembra non interessare questa destra che con la sua politica conservatrice tende ad acuire le diversità e a penalizzare le zone più povere del Paese. La trentaquattresima indagine del “Sole 24 ore” vede ancora oggi per ricchezza e consumi, qualità della vita, vivacità culturale, cura dell’ambiente, le province e le città del nord nelle prime posizioni dell’apposita classifica mentre quelle del sud chiudono agli ultimi posti. Il meridione così si riconferma fanalino di coda, e questa parte meravigliosa d’Italia dalle molteplici bellezze paesaggistiche, artistiche e monumentali, scrigno di tesori millenari si piega alla sua condizione atavica di disagio economico e di arretratezza. In una società afflitta dalla piaga della disoccupazione, nel buio pesto di una politica discriminante e settaria la luce fioca del reddito di cittadinanza tendeva ad illuminare la speranza di tanta povera gente e il sogno forse illusorio di un posto di lavoro regolato da un salario minimo e senza alcuna forma di schiavismo ricattatorio. Una manovalanza che si sarebbe potuta togliere al caporalato e alle mafie che si annidano ancora oggi in molte realtà del profondo sud. Venuti meno i centri dell’impiego tanto sbandierati dalla “fasciocaciottara” durante la campagna elettorale, soppresso il Reddito di cittadinaza a cui si rivolgevano le fasce più povere presenti soprattutto nel mezzogiorno d’Italia, ora la destra mostra il duro volto della conservazione portando avanti scelte penalizzanti per le classi meno abbienti, favorendo sempre più la ricca borghesia imprenditoriale del nord. Quelli che furono i percettori del RdC non trovando lavoro vanno ad aumentare le sacche di povertà estrema ricorrendo alle associazioni “no profit”, al Banco alimentare e alla Caritas. Un grido di dolore che non trova risposta nella attuale politica di governo e che acuisce sempre più il coflitto tra nord e sud, creando una ulterirore disgregazione del Paese, un Paese sempre meno inclusivo condizionato dalle lobby e dai potentati. Il “Cazzaro verde” mononeurone impazzito di questo governo piuttosto che creare opportunità di lavoro e di rinascita economica per le popolazioni del meridione vede soltanto il profondo sud come territorio di conquista per gli interessi dei ricchi capitali del nord, portando avanti il progetto improponibile del ponte tra Sicilia e Calabria, un’ opera faraonica irrealizzabile che serve solo alle mafie, alla politica e alle sue clientele. Una società, quella meridionale, lasciata a se stessa nella sua arretratezza, deturpata dalla costante emigrazione giovanile, privata quindi di quella forza propulsiva che tanto avrebbe potuto e potrebbe ancora dare al futuro e allo sviluppo economico del mezzogiorno. Un territorio sofferente dove i problemi di oggi legati alla cecità della destra Meloniana si sommano a quelli cronici del passato, dove lavoro, servizi, scuola, sanità, infrastrutture, vie di collegamento autostradali e ferroviarie rappresentano il tallone di Achille di una società economicamente depressa e sicuramente non bisognevole di un ponte di collegamento tra il “Nulla” (la Sicilia) e il “Niente” (la Calabria). La realtà infatti ci mostra un meridione in continuo affanno che con l’autonomia differenziata voluta dalla Lega di sicuro non potrà che vedere acuirsi le discrepanze non solo economiche tra nord e sud, condannando il meridione a fanalino di coda del Paese. L’incertezza del domani, il divario sempre più stridente tra ricchi e poveri, l’aumento delle sacche di povertà incidono parecchio nell’animo umano e ne offuscano sempre più le coscienze. Un Natale amaro per molte famiglie del sud, denso di solitudine per l’assenza dei propri cari che, costretti un po’ dalla precarietà del momento (inflazione, rincaro dei prezzi, ecc.), dal caro voli spropositato durante le prossime festività, rinunciano a ricongiungersi ai propri parenti, ai quali non resta altro che mettere sull’albero di Natale tutte le palle raccontate ultimamente dai politici. Di fronte a questa amara realtà si avverte l’assenza delle Istituzioni, di un governo che voglia scommettere davvero su queste aree depresse del sud e capire una buona volta che senza la crescita del meridione non ci sarà una vera e propria ripresa per l’Italia intera.