
(Andrea D’Ambra – ilfattoquotidiano.it) – In queste settimane di bombardamenti su Gaza da parte di Israele, che hanno portato a migliaia di vittime civili, tra cui troppi bambini innocenti (e portato l’ex procuratore capo della Corte Penale Internazionale a parlare di “genocidio”), si è sentito parlare di “esercito più morale del mondo”, di “stato democratico”, di “faro democratico nel Medio Oriente” in un coro quasi unanime di politica e mezzi di informazione italiani, europei ed occidentali, che sembrano usare due pesi e due misure a seconda della nazionalità del carnefice e delle vittime.
Ma si può parlare di stato di diritto quando questo è oggetto di denunce su violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale da decenni, e usa quella che chiama “detenzione amministrativa” per arrestare qualsiasi palestinese, senza accuse, senza un processo e senza durata prestabilita? Siamo sicuri che questi palestinesi non si sentano anche loro “ostaggi” di Israele?
Se si pensa poi che Israele non si fa scrupoli ad arrestare anche donne e bambini (come ci ricordano quelli rilasciati in questi giorni in cambio degli ostaggi israeliani), la domanda è, a mio avviso, ancora più lecita.
Questi ultimi raccontano di essere stati trattati con metodi che nulla hanno di uno stato di diritto, ma che ricordano più quelli usati dalla democrazia a stelle e strisce a Guantanamo o nelle prigioni di Abu Ghraib: tenuti in celle al freddo affinché non potessero dormire più di qualche ora, spray con gas lacrimogeno, percosse, divieto di vedere un dottore o farsi visitare, divieto di ricevere visite, restrizioni alle visite dell’avvocato, bambini giudicati da corti marziali invece che da tribunali civili etc etc.
Recentemente il gruppo israeliano Hamoked e Amnesty International hanno denunciato un aumento degli arresti arbitrari, nonché le condizioni dei detenuti oggetto di torture, umiliazioni fisiche e morali: Le percosse al resto del corpo non si sono fermate, a un certo punto ha iniziato a saltarmi sulla schiena – tre o quattro volte – mentre gridava ‘muori, muori spazzatura’… alla fine, prima che tutto questo cessasse, un altro ufficiale ha urinato sul mio viso e sul mio corpo mentre ci urlava anche lui ‘muori’ – Una vittima aggredita da coloni e militari israeliani a Ramallah Est.
Oltre ad Amnesty, anche Save the Children, l’estate scorsa, aveva pubblicato un rapporto che ha rilevato che la maggior parte dei bambini intervistati aveva subito, nelle carceri israeliane, abusi fisici ed emotivi, perquisizioni corporali e la negazione dei servizi di base. Sempre secondo Amnesty, sarebbero oltre duemila i palestinesi detenuti in “detenzione amministrativa”. Le denunce non arrivano dalle autorevoli Ong che si occupano di diritti umani, ma anche da mezzi di informazione che sicuramente non possono essere accusati di simpatia con i palestinesi o vicinanza con Hamas, come le americane NBC e CNN. Qui uno dei tanti episodi di maltrattamento nei confronti di un palestinese, che viene bendato e obbligato a ballare una canzone israeliana.
“Le uccisioni sommarie e la presa di ostaggi da parte di Hamas e di altri gruppi armati il 7 ottobre sono crimini di guerra e devono essere condannati come tali – dichiara Amnesty – ma le autorità israeliane non devono usare questi attacchi per giustificare i propri attacchi illegali e la punizione collettiva dei civili nella Striscia di Gaza assediata e l’uso della tortura, della detenzione arbitraria e di altre violazioni dei diritti dei prigionieri palestinesi”. Il divieto di tortura non può mai essere sospeso o derogato, anche e soprattutto in momenti come questi.
Il quadro descritto evidenzia chiaramente gravi violazioni dei diritti umani. La situazione nei territori occupati solleva importanti interrogativi sulla legittimità dell’uso della detenzione amministrativa, in particolare quando coinvolge civili, donne e bambini, e sull’effettiva pratica di tortura e maltrattamenti.
Gli esempi concreti di come la vita dei palestinesi sia resa un inferno dalle politiche segregazioniste e discriminatorie di Israele sono infiniti. Recentemente ne ho letti alcuni davvero assurdi: pensate che i palestinesi non possono neanche raccogliere l’acqua piovana che cade sulla loro terra. Perché? Stando ad Israele anche quest’acqua, che cade dal cielo, apparterrebbe a loro.
O ancora, vietato gioire per la famiglia che ritrova un proprio caro che torna a casa dopo anni passati nelle carceri israeliane nelle condizioni di cui sopra: questa pratica è vietata da Israele nei territori occupati della Cisgiordania, perché considerati “espressione di sostegno al terrorismo” come racconta la Cnn.
I paesi che hanno a cuore il rispetto dello stato di diritto e dei diritti umani (seriamente e non solo quando gli fa comodo, vedi in Ucraina) dovrebbero esercitare pressioni affinché si ponga fine a tali abusi. Finché ci saranno arresti e uccisioni arbitrarie, occupazione illegale dei territori palestinesi e continue violazioni al diritto internazionale, non ci sarà giustizia, e senza giustizia purtroppo non ci può essere pace. “Eliminare Hamas” senza andare a comprendere quali sono le cause che hanno portato ad Hamas significa essere ciechi, come ha ricordato il segretario generale dell’Onu Guterres. Un po’ come curare una malattia con un farmaco che fa scomparire solo i sintomi invece di andarne a eliminare le cause.
Israele è la tomba della democrazia e dell’umanità. In essa finiscono tutte le speranze per un futuro migliore del genere umano.
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È evidente che i diritti umani per l’Occidente esistono solo per chi ha gli occhi azzurri , i capelli biondi e non è musulmano. Per i musulmani, ni agua. Se poi sono Palestinesi, musulmani e cristiani fa lo stesso, morte, arresti arbitrari e torture a gogó. Un mondo perfetto
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cos’è la democrazia ? E’ il governo del popolo, direbbe lo studente preparato. Ma di quale popolo si tratta ? del tuo popolo,cioè quello che vive nel recinto del tuo stato. Quindi se eserciti tutta la violenza con tutti i mezzi nei confronti di un altro popolo ,non sei in contraddizione. E allora vai ! Anche con le bombe atomiche senza ritegno ! Che imbecilli sono gli uomini !
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”si è sentito parlare di “esercito più morale del mondo”, di “stato democratico”, di “faro democratico nel Medio Oriente””
Vediamo un pò… chi erano quelli che sul cinturone avevano scritto GOTT MIT UNS?
E che dicevano di essere baluardo contro i bolscevichi?
Mmmmmmmm…. chissà chissà.
Quanto ai nostri difensori degli izrhaell, vorrei vedere se avessero un figlio trattato in detenzione amministrativa da questi farabutti democratici, con torture degne di GUANTANAMO E ABU GRAIB (i degni maestri ameri-cani).
Ce li vedo proprio, le Tocci, i Parabellum, i Parsi, i Mieli, i Mentana, a passarsi un paio di mesi di relax lì dentro.
Mentre BARGOUTI, leader MODERATO dei palestinesi, sono ANNI che è stato imprigionato.
Strano, o no?!?
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Hanno preso esempio dai loro ex aguzzini e la loro continua sete di vendetta non si plachera” mai
Questo è un genocidio e il mondo sta a guardare che mondo schifosi che non ha imparato nulla dalla sua storia!
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TRAGEDIA PALESTINESE, APOCALISSE UMANITARIA ANCHE SUL FRONTE LAVORO
DI PIERO ORTECA
Dalla redazione di REMOCONTRO
Un’apocalisse umanitaria, ma anche una vera e propria catastrofe sociale. L’allarme dell’International Labor Office sulle ricadute economiche dell’operazione militare israeliana a Gaza e nei Territori occupati della Cisgiordania. Risultati terrificanti anche tenendo conto che il documento è stato elaborato sui dati al 31 ottobre, dopo i primi 20 giorni di azione militare giunta a quasi 2 mesi di escalation e senza ipotesi di conclusione.
Senza più casa, territorio e lavoro. Senza futuro
L’International Labor Office diceva 40 giorni fa che, nella Striscia, almeno 182 mila persone avevano perso il loro lavoro e il reddito per sostenere le famiglie. Quando ancora Gaza ancora esisteva. Comunque, quei 182mila, di allora, rappresentavano il 61% di tutta la forza lavoro della Striscia. Adesso il blocco delle attività produttive e commerciali a Gaza deve essere totale. Per cui, oltre due milioni di persone, molte di loro costrette alla fuga verso il nulla, sono di fatto senza reddito, e per sopravvivere dipendono esclusivamente dagli aiuti internazionali in gran parte bloccati dall’esercito occupante. Oltre che di bombe, nella Striscia ora si inizia a morire di malnutrizione e di malattie infettive.
A Gaza è guerra, in Cisgiordania è persecuzione
La situazione è drammaticamente peggiorata anche in Cisgiordania, dove, secondo il Labor Office, al 31 ottobre avevano perso il lavoro oltre 200 mila palestinesi. Anche per la West Bank vale lo stesso discorso fatto per la Striscia: cioè, nell’ultimo mese, la già fragile economia palestinese è collassata e, come sostiene il rapporto, il prolungamento della guerra finirà, praticamente, per farla sprofondare del tutto. I calcoli dicono che, dopo il 7 ottobre, la perdita dei posti di lavoro ha fatto mancare al bilancio delle famiglie palestinesi qualcosa come 16 milioni di dollari al giorno per la soddisfazione dei bisogni primari.
Politica sociale israeliana verso i palestinesi
“L’analisi dell’organizzazione internazionale ha il pregio di fotografare lo stato del mercato del lavoro palestinese prima dell’attuale crisi, sia a Gaza che in Cisgiordania. Fotografia della politica sociale israeliana nei confronti della popolazione palestinese prima di Hamas. E indirettamente, a spiegare il consenso della popolazione verso Hamas”.
Ricatto del lavoro, negato o impedito
Primo dato evidente: la disoccupazione strutturale nella Striscia è il doppio (46%) di quella dei Territori occupati della Cisgiordania (21%). Un effetto dovuto alla politica di “blocco” della Striscia, decisa da Israele per ragioni di sicurezza nazionale. In effetti, i diritti civili dei ‘gaziani’, almeno per quanto riguarda la libera circolazione di persone, merci e capitali, praticamente non sono mai esistiti. Negli ultimi tempi, c’era stato un ammorbidimento da parte israeliana, per quanto riguarda i permessi di lavoro transfrontalieri. Ma ormai sembra preistoria.
West Bank tra un muro e una Colonia e ANP ‘congelati’
Surreale anche la situazione degli spostamenti dei pendolari palestinesi in Cisgiordania. Il rapporto del Labor accenna al moltiplicarsi di posti di blocco israeliani, check-point e asfissianti controlli di polizia che rendono la vita difficile a coloro che devono raggiungere il posto di lavoro, quando ancora c’era. A rischio di ‘congelamento’ (senza stipendio o con salari declassati) delle loro mansioni, ci sarebbero ben 67 mila funzionari, impiegati nei ranghi dell’Autorità Nazionale Palestinese.
L’avara attenzione internazionale
La tragica situazione economica della comunità palestinese, dopo infinite ‘distrazioni’, ha richiamato l’attenzione della stampa internazionale. Ieri il Guardian titolava sul fatto che «quasi 400 mila palestinesi hanno perso il lavoro a causa della guerra». Spiegando che «secondo l’ILO, molti hanno pochi o nessun reddito dopo la chiusura dei valichi di frontiera verso Israele e le restrizioni sui lavoratori».
Il ministro israeliano che tiene la cassa
I dipendenti dell’Autorità palestinese non vengono pagati, perché il Ministro delle Finanze israeliano non dà il via libera, spiega Hani Mousa, professore dell’Università Birzeit. «La punizione collettiva» che il governo di Netanyahu aveva annunciato e che sta infliggendo a tutti i palestinesi dopo le stragi del 7 ottobre.
Autoritarismo anche a perdere
Una delle scelte più dure fatta dagli israeliani, è stata quella di bloccare i permessi di entrata e di lavoro ai palestinesi che arrivavano dalla Cisgiordania. Ogni anno, le rimesse di questi lavoratori, producevano per la loro economia un reddito di circa 3 miliardi di dollari. Problemi anche in casa israeliana con 360 mila riservisti richiamati, e il Paese ‘con una coperta produttiva corta’. Insomma, guerra e i bombardamenti continuano, ma la tavola va apparecchiata e per questo c’è bisogno che qualcuno lavori e produca, nelle fabbriche e nei campi.
Bracciali elettronici come per i carcerati
“Così, Netanyahu ha fatto di necessità virtù e, come dice The Guardian, ha concesso permessi temporanei a 8 mila lavoratori palestinesi. «Che spesso, però, vengono costretti a indossare braccialetti tracciabili mentre attraversano i posti di blocco». Quelli che nel resto del mondo si usano per i carcerati in libertà vigilata”.
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Bastar..che altro dire ed.è vergognoso che il mondo stia a guardare !
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