MENTALITÀ MACHISTA – Giovanissime. Esaltano le coppie in cui controllo e possesso sono sinonimi di amore e giudicano le ragazze “chupa chups”

(DI SELVAGGIA LUCARELLI – ilfattoquotidiano.it) – Si dice spesso che una morte come quella di Giulia Cecchettin non è vana se ci insegna qualcosa. Ma ho la certezza che per ragioni poco decifrabili questo femminicidio stia portando a galla il peggio del sessismo e della cultura patriarcale.
Ed è un problema trasversale, che sta assumendo contorni simbolici: dalla sorella della vittima che viene tacciata di stregoneria come ai tempi dell’Inquisizione all’avvocato d’ufficio del femminicida (ora rimosso dall’incarico) che pubblicava post e video in cui ricordava che la violenza è sia maschile che femminile e che il sesso è irrazionale, quindi talvolta è difficile comprendere se ci sia il consenso. C’è poi l’esercito dei boomer-conduttori maschi che spiegano alle donne cosa sia la violenza di genere (li ringraziamo sentitamente) e gli editorialisti che hanno curriculum decennali di titoli, articoli, attacchi sessisti e ora piangono Giulia dicendo che però “il patriarcato non c’entra”. E se una donna prova a contestarli: “Zitta maestrina”.
Sarebbe ingiusto però circoscrivere il problema, ritenere che questo sia uno schema antico a cui aderiscono maschi involuti e donne che si sentono ormai irrimediabile emanazione del potere maschile. O meglio, è vero anche questo, ma è una lettura parziale della realtà.
Frequentando molto Instagram e TikTok, ovvero i social più utilizzati dai giovanissimi, è evidente come gli stereotipi sessisti e la mentalità machista in cui l’uomo domina la donna siano endemici. Così come è evidente come il patriarcato interiorizzato dalle ragazze sia una questione preoccupante, e lo è proprio perché i segnali incoraggianti rappresentati dal neo-femminismo ci hanno forse fatto credere che le nuove generazioni si stessero emancipando in maniera compatta.
Ci sono invece diversi fenomeni allarmanti che indicano quanto lavoro ci sia ancora da fare: il primo riguarda l’esaltazione della gelosia dei ragazzi, gelosia rappresentata come un elemento indispensabile nella coppia o come motivo d’orgoglio da parte della ragazza. In molti video caricati su TikTok le giovani mostrano fidanzati che tirano giù gonne troppo corte, che negano “il permesso” di andare in discoteca, che fanno interrogatori assillanti al telefono per sapere dove si trovino le loro fidanzate. Mostrano perfino padri gelosi di un loro abito succinto e addirittura ci sono padri che mostrano figlie piccolissime utilizzandole per creare dialoghi e sketch sulla gelosia paterna. Il ragazzo geloso è sempre definito “malessere”, ma l’appellativo è più un trend che la realtà, perché in tutti questi contenuti le ragazze mostrano un certo compiacimento nell’esibire il morboso senso del possesso del partner. La gelosia è mostrata con orgoglio, è la dimostrazione che lui è innamorato.
C’è poi un altro trend, che è quello della celebrazione della verginità. In questi video c’è sempre una ragazza che si esibisce o è esibita come un trofeo e frasi come “Quanto è bello avere una ragazza della quale nessuno può dire ‘Fra quella me la sono fatta’”. Insomma, il dominio assoluto ed esclusivo sul corpo di una donna sbandierato manco fossimo nel Medioevo. Uno dei trend più diffusi è poi, tristemente, quello dei giovanissimi e delle giovanissime che giudicano in maniera volgare e impietosa la moralità delle loro coetanee. La canzone scelta per accompagnare questo genere di video è quasi sempre quella col ritornello “Chupa Chups” che allude al rapporto orale. Il contenuto è spesso molto simile: una ragazza o anche due o più amiche, cantando “Chupa Chups”, alludono alle abitudini sessuali di un’altra ragazza. Le frasi scritte a commento dei video sono, ad esempio: “Vi siete fatte tutta Catania e provincia, almeno state zitte”, “Vogliono fare le santarelline ma io e mia sorella sappiamo quanti chupa chups hanno fatto”, “Sei solo una che non sa dare valore a se stessa”, “Te li sei passati tutti” e così via. Insomma, video aggressivi e giudicanti creati da ragazze spesso anche minorenni rivolte a ragazzine giudicate troppo facili. E, duole dirlo, sono quasi sempre contenuti pensati da donne per altre donne. E poi, soprattutto su Instagram, c’è il filone dei love coach, ovvero uomini e donne over 30 che non si limitano a rifilare fregature vendendo corsi per conquistare un partner, ma insistono sul tema della manipolazione mentale, utilizzano espressioni come “rendila schiava”, “distruggi l’ego screditandola e vedrai che si attacca come un francobollo”, “Come rendere una donna dipendente da te”. Persone con decine di migliaia di iscritti al proprio canale che guadagnano denaro promuovendo concetti tossici come le manipolazioni mentali e le dipendenze affettive.
Insomma, la cultura del patriarcato e l’esaltazione delle relazioni disfunzionali occupano gli spazi più impensabili, anche quelli che riteniamo salvi da vecchi retaggi culturali, che ci sembrano sgombri dai pregiudizi perché occupati dai più giovani. E invece no. Giulia è morta, ma a guardarsi intorno, in questi giorni, nessuno sembra essere davvero salvo.
La mentalità possessiva è tipica sia degli uomini che delle donne. Quante spiano il telefono, rigano l’auto al compagno, si inc… se esce da solo o mette un like a un’altra?
Nel 2022 in Italia sono stai commessi 129 “femminicidi” (termine su cui si potrebbe discutere a lungo). Uno dei tassi più bassi d’Europa. A sentir le proteste di questi giorni e le femministe sembra che la violenza in Italia sia strutturale e che un uomo su due sia violento. Mentre dal calcolo 2022 viene che 129 su 30.000.000 circa di uomini è lo 0.0043%.
Inoltre, come afferma tra gli altri il Prof. Zhok, tanti si riempiono la bocca di “patriarcato” senza avere per lo più alcuna idea di ciò di cui si tratta. La nozione di “patriarcato” (che non va confuso con la patrilinearità della discendenza) fa riferimento al modello sociale diffuso un tempo in molte civiltà dedite all’agricoltura o alla pastorizia, dove l’ultima autorità cui ricorrere per i dissidi interni e per i rapporti verso l’esterno era rappresentato dal maschio più anziano del gruppo (patriarca). Queste strutture sociali erano (e in alcune parti del mondo ancora sono) caratterizzate da una sostanziale assenza delle legislazione pubblica, da forti nessi comunitari all’interno di famiglie estese connesse, che dovevano risolvere molte questioni oggi risolte dalla giustizia ordinaria. Gli ordinamenti patriarcali sono tipicamente preindustriali e definiti da ordinamenti famigliari estremamente solidi e vincolanti.
La prima domanda che dovrebbe venire in mente è: cosa diavolo c’entra questa forma sociale con il mondo occidentale, industriale, tecnologico e digitale odierno? L’assassino di Chiara non ha niente a che fare con il patriarcato, è piuttosto il prodotto della società odierna.
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Tutto giusto, rimane comunque da spiegare il fenomeno delittuoso che si è moltiplicato negli ultimi decenni. Infatti e il disfacimento della famiglia che ne è all’origine, cioè l’esatto contrario del patriarcato solido dei tempi andati. Non è più la figura del padre-padrone, risalente alla società pre sessantotto, a condizionare tutte le dinamiche interne ed esterne della famiglia. Semmai forse è la madre a incidere, essendo più capace e più sensibile del maschio pater-familias solo all’anagrafe. Nella tipica famiglia contemporanea, il padre è assente avendo perso di autorevolezza e persino di voglia, visti i fallimenti nell’intercettare l’attenzione dei figli. Di solito si trasformano in mammi. Patetici i maldestri tentativi di farseli amici cercando di scimmiottarne le movenze, i gusti e quant’altro. Dei bambini una volta si diceva che crescessero a televisione e nutella, oggi a social e Mcdonald’s, ma la sostanza non cambia. Viziati finché le condizioni di reddito lo permettano, crescono con un livello di immaturità impressionante, ormai senza più una guida autorevole. Quindi incapaci, crescendo, di affrontare i problemi esistenziali. Non a caso quando la fidanzata li lasciano, molto più spesso che in passato, perdono la testa ed entrano in una depressione perniciosa come bambini molto viziati a cui è stato sottratto il giocattolo. E’ innegabile che stiano subendo una palingenesi antropologica che non fa ben sperare sulle sorti della società. E’ la modernità bellezza! L’esatto contrario del progressismo sano ipocritamente sbandierato dalla sedicente classe dirigente (o digerente?).
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Poi sarebbe ora di ribadire che 6 stupri su 10 sono opere delle risorse boldriniane. Considerando che sono meno del 10% della popolazione, fate un po’ la proporzione.
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Veramente i 6/10 sono quelli commessi dagli italiani.
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Mi scuso per il refuso ma la sostanza non cambia molto, 4 su 10 considerando che oltre il 90% della popolazione è composta da italiani.
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Eh, sì. Occorrerebbe presentare anche i dati disaggregati.
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Gli esseri umani sono gli stessi da sempre a dispetto della geografia, sesso, cultura, ecc.
Ce da dire, purtroppo, che il più forte è più portato a imporsi e il più debole a mediare con la ragione e la moderazione.
Se le parti si invertissero si invertirebbero anche i comportamenti.
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Qualche libro della Murgia imparaticcio e l’articolo è fatto. Vorrei sapere chi dice o scrive ancora “Zitta maestrina”. Viceversa, assumiamo per dogma che il femminicidio sia frutto del patriarcato, poi manca l’onere della prova (dove sono gli studi che lo dimostrano), ma chi chiede di produrla è un maschilista di m3rd4.
Poi, non è patriarcato il fatto che ci siano ragazze orgogliose della gelosia morbosa dei loro fidanzati. È una semplice questione di potere, che non è in mano, come potrebbe sembrare, ai ragazzi gelosi.
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Certo che la Lucarelli qui cade parecchio, eh.
E’ verissimo che la gelosia dei maski spesso è vista anche con piacere.
Ma chi le educa le femmine? Le mamme? Le maestre? Le professoresse?
Diamo la colpa ai social, come se lì non ci fossero i riflessi della società reale.
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