(di Michele Serra – repubblica.it) – Lo “scherzo telefonico” alla presidente Meloni non merita di essere promosso a “caso politico”, ma nel suo piccolo conferma alcune opinioni fin qui raccolte sul governo in carica. Meloni se l’è cavata piuttosto bene. Ha detto in una comunicazione privata più o meno le stesse cose che dice in pubblico, così che i due “comici russi” (in questo momento storico sembra un ossimoro) hanno avuto ben poca ciccia da dare in pasto alla propaganda nazionalista.

Rimane il disastro del suo entourage, così gonzo e impreparato da non essere capace di filtrare una beffa potenzialmente pericolosa, o quanto meno imbarazzante. Di qui la conferma dell’idea di massima che ci siamo fatti a proposito del melonismo: lei potrebbe anche reggere il ruolo, è tosta e tenace, al di là delle sue idee in grande parte pessime sa come sostenere il gioco del potere. Ma è circondata da troppi mediocri, da troppi parvenue, da troppi famigli non all’altezza.

Ha un problema di classe dirigente grosso come una casa e lo spoils system non solo non le è di aiuto, ma la penalizza, perché si sente autorizzata a portarsi appresso un personale scadente, per giunta in piena euforia da incarico pubblico finalmente conquistato. Vedi il caso Rai, perfetta istantanea di una “sostituzione etnica” tanto arrogante quanto goffa e peggiorativa.

La sua stessa figura politica ne esce inevitabilmente indebolita: perfino nell’evo del populismo, una leader non può dare l’impressione di camminare da sola lungo un corridoio, senza nemmeno un corrimano.