L’elezione diretta del premier prosciuga le funzioni di garanzia del capo dello Stato. Su questo non ci piove. Anche se non verrà scritto in una norma

(di Michele Ainis – repubblica.it) – La madre di tutte le riforme è sempre incinta, come la madre dei cretini (copyright Ennio Flaiano). Ma fin qui partorisce annunci, anticipazioni, spot. Pazienza, non c’è ancora molto da aspettare. Il parto vero e proprio si consumerà venerdì 3 novembre in Consiglio dei ministri, ci informa la zia della riforma (Maria Elisabetta Casellati). Mentre la nonna (Giorgia Meloni) accompagna la notizia annunciando il battesimo della Terza Repubblica: un annuncio al quadrato. E anche un po’ vecchiotto, dato che il primo movimento politico per una “Nuova Repubblica” venne fondato dal fascista Giorgio Pisanò, nel 1964.
Nel frattempo bisogna contentarsi delle indiscrezioni, che in Italia non sono mai troppo veritiere. Ma la bugia più grossa è il bipresidenzialismo che a quanto pare reggerà le nostre sorti. Perché l’elezione diretta del presidente del Consiglio — ci dicono — manterrà inalterato il ruolo del presidente della Repubblica, senza scalfirlo d’un capello. Due presidenti in un corpo solo.
Possibile? O il premier viene eletto dal voto popolare o viene nominato dal capo dello Stato. Se quest’ultimo nomina obbligatoriamente l’eletto, allora si trasforma in un notaio, un passacarte.
E che succede quando la maggioranza parlamentare entra in crisi con se stessa? In quel caso interverrà il marchingegno della sfiducia costruttiva, aggiungono altre indiscrezioni. Tradotto: sarà la stessa maggioranza uscita dalle urne a indicare il nuovo presidente del Consiglio.
Errore, un errore tecnico ma infine anche politico. Giacché la sfiducia costruttiva è un meccanismo di stabilizzazione dei regimi parlamentari, non di quelli presidenziali. Altrimenti s’inocula il conflitto tra popolo e Palazzo, come se già non ce ne fossero fin troppi segnali.
Se i cittadini eleggono Maria, ma l’anno dopo il Parlamento la sostituisce con Giovanni, gli italiani si sentiranno buggerati. A Biden, a Macron, non potrebbe mai succedere. Invece alle nostre latitudini succede un po’ di tutto, ormai ci abbiamo fatto il callo.
C’è allora almeno una preghiera da rivolgere ai ri-costituenti: cercate d’essere coerenti. Il presidenzialismo non è il diavolo, funziona in antiche democrazie di questo pianeta.
Il diavolo è il pasticcio, il guazzabuglio. È l’invenzione di bastardi senza capo né coda, oppure con il capo al posto della coda, scriveva Giovanni Sartori nel 2003. Un “arlecchinismo costituzionale” che rischia di proiettarci in un eterno Carnevale.
Ma è un diavolo anche il culto religioso del potere, senza curarsi dei contropoteri. Che sono viceversa il sale della democrazia: pesi e contrappesi. L’elezione diretta del premier prosciuga le funzioni di garanzia del capo dello Stato; su questo non ci piove, anche se per rispetto a Mattarella (o per ipocrisia) non verrà scritto in una norma.
E dunque, chi e come ne prenderà le veci? Potrebbe farlo la Consulta, rafforzandone il ruolo. Potrebbero farlo gli stessi cittadini, attraverso un’iniezione di democrazia diretta che ci permetta di controllare in prima persona l’esercizio del potere. Con il referendum propositivo messo in agenda dal primo governo Conte, per esempio. Con il recall — la revoca anticipata dell’eletto immeritevole, sollecitando un nuovo voto popolare — per fare un altro esempio.
Tuttavia, su questo fronte, nessuna indiscrezione, e in realtà nessuna intenzione. Eccola infatti l’ombra che oscura il presidenzialismo all’italiana: è il non detto, di gran lunga più pernicioso di quel poco che ci viene raccontato.
La Casellati ecc….ecc… vien dal Mar madre della patria?????
e poi dicono che l’Italia sia in declino, non è vero! è fallita!!!!
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La principessa sul pisello .. e la strega della mela ,ruoli e nomi intercambiabili a scelta ..
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