(Dott. Paolo Caruso) – Ad un anno dall’insediamento della Premier al governo del Paese, risuonano ancora adesso nelle orecchie degli italiani le parole di Giorgia Meloni mentre citava Papa Giovanni Paolo II nel suo discorso di insediamento – “La libertà, diceva, non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’ avere il diritto di fare ciò che si deve, Io sono sempre stata e sarò una persona libera, per questo intendo fare esattamente quello che devo.” Queste parole in un Paese in piena crisi economica e con una destra lontana anni luce da quella sociale, risuonano vuote e spesso contraddittorie nell’attuale programma di governo. Un anno costellato da decreti discutibili nei contenuti e dai fini restrittivi come i rave party, ovvero le manifestazioni musicali autogestite e non denunciate alle autorità di polizia, il cosiddetto decreto Cutro per i migranti e il potenziamento dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR), veri centri di detenzione in attesa di provvedimenti di espulsione, il tetto a 5000 euro per l’uso della card, l’aumento delle spese militari, il venir meno del reato di Abuso d’ufficio, la mancata approvazione della legge sul conflitto di interessi, il mancato regolamento degli stabilimenti balneari come ci chiede da tempo l’Europa, la mancata attuazione del Salario Minimo e il vuoto legislativo per quanto riguarda il voto ai fuori sede sempre rimandato e disperso nei meandri del Palazzo, progetti e omissioni dovuti sempre alla mancanza di volontà da parte del governo. Ecco di fronte ai numerosi casi di conflitto di interessi presenti nella compagine governativa e di corruzione come lo scandalo del Ministro Santanchè e non ultimo quello del sottosegretario Vittorio Sgarbi, e non solo per questi, è venuto proprio per la fascio pesciaiola della Garbatella il momento del dover fare ciò che deve a tutela delle Istituzioni e della responsabilità che riveste nei confronti del parlamento e dei cittadini italiani. In questo caldo e anomalo autunno non solo per le alte temperature ma anche per il crescente e sempre più ampio dissenso nei confronti della Premier dettato da un indirizzo economico penalizzante per le classi meno abbienti e per la classe media, scelte politiche che, favorendo sempre più la ricca borghesia imprenditoriale del nord, tende ad acuire i conflitti sociali. Con la cessazione repentina del Reddito di cittadinanza è finita unilateralmente l’elargizione economica e il sostegno sociale ai poveri e alle loro famiglie che con quei pochi soldi affrontavano le spese quotidiane di pura sopravvivenza, sperando con i corsi di riqualificazione professionale di potere entrare nel mondo del lavoro. Venuti meno così i centri per l’impiego tanto sbandierati dalla “Caciottara di regime” durante la campagna elettorale, ora la destra tolta la maschera dell’ipocrisia mostra il duro volto della conservazione. L’azione del governo Meloni appare estremamente punitiva nei confronti di quelli che furono i percettori del RdC, alimentando sempre più polemiche nelle aree più povere del Paese, un conflitto sociale in crescendo, una ulteriore disgregazione della società in un Paese sempre meno inclusivo condizionato dalle lobby e dalle classi più abbienti. La Premier Meloni perlopiù poco proclive al dibattito parlamentare continua a trovare soldi per le armi a discapito di investimenti per la sanità pubblica e per la scuola pubblica, favorendo le banche e i grandi capitali, tutelando i ricchi evasori con moratorie e sanatorie di ogni genere. I cittadini diventano così sempre più poveri e i poveri rappresentano solo un aggravio sociale non venendo riconosciuto neppure il diritto ad una sopravvivenza dignitosa. Ci penserà allora la Caritas, il Banco alimentare e tante altre società non Profit, e se non proprio la Patria e la Famiglia tanto care alla Meloni almeno il buon Dio che come si dice vede e provvede…