(Dott. Paolo Caruso) – Ei fu!  Il 25 settembre 2023 si è conclusa all’età di 61 anni la vita terrena del latitante più ricercato d’Italia, il capomafia Matteo Messina Denaro. Arrestato dopo una latitanza trentennale il 16 gennaio scorso presso una Casa di cura di Palermo dove veniva sottoposto a chemioterapia era malato da tre anni di tumore al colon. Si chiude oggi definitivamente la storia di un Killer efferato e nello stesso tempo di una personalità poliedrica, da intellettuale a viveur dai modi eleganti e raffinati, da abile imprenditore interprete del mondo affaristico finanziario a fine tessitore di certa politica e assiduo frequentatore dei salotti di quella borghesia mafiosa che ha dato copertura alla sua latitanza. Così l’ultimo degli irriducibili, conoscitore dei segreti delle stragi e delle complicità eccellenti si è spento nel reparto detenuti dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove era finito in coma irreversibile, fra una rete di imponenti misure di sicurezza. Presenti al capezzale la nipote e legale Lorenza Guttadauro e la giovane figlia Lorenza. Alla notizia della morte molti di sicuro avranno tirato un sospiro di sollievo, liberati finalmente da un personaggio scomodo conoscitore di tanti misteri e delle complicità eccellenti. Resteranno così nel buio della storia d’Italia i veri mandanti (politica, servizi segreti deviati, massoneria) del periodo stragista e i tanti efferati delitti compiuti dalla mafia. Del resto il “Padrino” di Castelvetrano è sempre rimasto un irriducibile ribadendo fin dal momento dell’arresto che mai si sarebbe pentito. Con lui finisce un’era di latitanza durata trent’anni favorita da coperture di altissimo livello e fatta di violenza e terrore, di vicende e relazioni inconfessabili, lungimirante trasformatore della mafia da realtà prettamente rurale a superpotenza criminale e soggetto a vocazione economico finanziaria. L’ultimo dei Corleonesi alla fine si è arreso alla malattia portando con sè nell’oblio della morte  i segreti più cupi del nostro Paese. A trentun anni dalle stragi così i cosiddetti colletti bianchi, fiancheggiatori insospettabili del mondo affaristico  mafioso possono tranquillamente continuare a intrattenere relazioni e interessate alleanze di potere con personaggi a dir poco impresentabili. Tutto ciò a dimostrazione che in questo Paese, a  vocazione mafiosa come affermato da Saviano, certi “personaggi” continuano a consolidare potere e consenso, riuscendo a giocare un ruolo preminente nel vasto panorama politico – finanziario. Con la sua morte, comunque, la mafia non è stata sconfitta  ma si è insinuata nel tessuto economico, nei gangli vitali della amministrazione pubblica, mimetizzandosi e risultando per questo più pericolosa. La “normalizzazione”  è già avviata, dalla riforma Cartabia si è passati a quella del Ministro Nordio, ad un garantismo scellerato che lascia poco spazio alla cultura della legalità.