
(Andrea Zhok) – La prima funzione degli stati è, per definizione e ragioni storiche, la protezione della propria cittadinanza.
Non il progresso, non il benessere, ma la Protezione.
Non degli esseri umani in generale né di una lobby o élite interna, ma della Cittadinanza.
Poi nel tempo si sono aggiunte altre importanti qualifiche, che però possono integrare, mai sostituire quel nocciolo originario.
Ecco, oggi gli stati europei, e l’Italia in prima fila, semplicemente non espletano più questa funzione.
Non è che la espletino in maniera del tutto inadeguata. Proprio non è più in agenda.
E questo non perché, come qualche cercopiteco cosmopolita potrebbe immaginare, “la difesa della gente è stata felicemente delegata ad organismi sovranazionali” – nobilmente superiori alle piccinerie degli stati nazione. Queste fiabe kantiane, che mai ebbero alcuna possibilità di essere vere, sono state complici e sostegni dell’incubo presente.
No, oggi la protezione della cittadinanza da minacce esterne come interne è lasciata ad una “mano invisibile”, nelle due forme del mercato (dove la protezione la compri) o della misericordia altrui (dove speri non ce ne sia bisogno).
E se poi la mano invisibile dovesse essere quella di un borseggiatore, la colpa è tua che vai ancora in giro per strada invece di restartene chiuso in casa per la salvezza del pianeta.
Che i governi non ci pensino proprio a proteggere la propria cittadinanza è trasparente guardando alla totale reiterata e conclamata inettitudine nell’affrontare le questioni migratorie, che hanno già mostrato a più riprese di essere l’anticamera di una potenziale guerra civile (lo si è visto in Francia di recente, ma episodi drammatici sono diffusi ovunque da tempo).
Chi dice che non vi sono alternative, che è tutto fatale, mente sapendo di mentire.
Quando è stato utile per seguire gli ordini apparenti del OMS (e quelli reali della NSA) si sono messe sotto chiave intere nazioni e si sono sigillati i confini in quarantotto ore.
Se domani lo zio Sam dichiarasse che tra i clandestini ci sono quinte colonne della Wagner pronte a minacciare le sante basi americane – sempre siano lodate – i nostri confini verrebbero siliconati l’indomani.
Il punto è che banalmente non c’è alcuna vera volontà politica di farlo, perché si preferisce affrontare la denatalità europea (e i connessi problemi, anche economici) con la soluzione di breve respiro di immettere migliaia di disperati pronti a tutto (il che vuol dire spesso pronti a lavorare per niente – e questo ci piace – ma talvolta pronti anche a delinquere senza niente da perdere – e questo ci piace meno, ma tanto sono problemi esterni alla ZTL).
Ma l’abbandono della “protezione della cittadinanza” è non meno visibile nella distruzione del ceto medio e dei ceti che vivono del proprio lavoro attraverso politiche internazionali che hanno soltanto nutrito la grande finanza e l’industria bellica.
I mercati finanziari sono stati lasciati liberi di esercitare tutta la propria potenza di fuoco su quei poveracci che insistevano a vedere una correlazione tra lavorare e guadagnare.
Dalla crisi subprime è stato del tutto evidente che la grande finanza poteva fare letteralmente qualunque cosa, poteva esercitare qualunque abominio, e se la sarebbe sempre cavata con un buffetto, mentre milioni di persone perdevano la propria base di sostentamento. Alla fine gli stati occidentali hanno roteato gli occhi di indignazione rimbrottando gli “squali della finanza”, hanno reso felice il pubblico facendoci sopra un paio di film in cui gliene cantavano quattro (son soddisfazioni) e poi hanno chiamato Mario il barista e Pino l’imbianchino a ripianare i buchi fatti alla City di Londra o a Wall Street.
I cittadini possono essere liberamente investiti dagli Tsunami finanziari made in USA, dall’inflazione speculativa lasciata libera di correre, dalla deindustrializzazione forzosa per una guerra in cui sono stati infilati a forza, dall’ennesima richiesta di “austerity e riforme strutturali” per comprimere i costi di produzione, dalla “green economy” a servizio degli speculatori immobiliari per rimpinguare il proprio bottino di proprietà in svendita, dalla piccola criminalità interna, dalle migrazioni esterne, ecc. ecc.
E in questo contesto lo stesso riferimento alla “cittadinanza” è desueto, ridicolo, patetico, un rottame della storia. La cittadinanza è cruciale quando esiste un orizzonte definito di diritti e doveri che uniscono in una storia e sorte comune. Ai detentori di cittadinanza oggi sono rimasti solo una serie di doveri, tra cui l’abbandono del diritto a farsi giustizia da sé e i sacri doveri fiscali; quanto ai diritti invece essi sono evaporati insieme allo stato sociale, insieme alla sanità gratuita, all’istruzione gratuita, ai diritti di parola e associazione (compensati, va detto, da imperdibili nuovi diritti tipo il diritto al libero amore con il tuo aspirapolvere).
C’era un tempo in cui guardavamo con disdegno allo “stato sentinella”, allo stato ridotto alle mere funzioni di protezione interna ed esterna della cittadinanza. Ma erano gli anni dello stato sociale, in cui ci si illudeva di avere il sol dell’avvenir a portata di mano o quasi.
Poi il tempo passa e come si confà alle fasi del Kali Yuga, ciò che prima ti appariva pessimo, una generazione dopo appare accettabile, in attesa di apparire ammirevole.
Così, con la degenerazione della sinistra a ufficio privilegi per lobby paganti e la degenerazione della destra a marmellata di affaristi di piccolo cabotaggio, siamo arrivati allo stato scafista, allo stato truffatore, allo stato estorsore, allo stato che più che fare la “sentinella” diremmo che “fa il palo” a beneficio di una nuova brillante generazione di rapinatori – cittadini del mondo.
Ormai lo stato è un allevamento industriale, e i cittadini gli sventurati polli, che vivono in spazi sempre più ristretti, una vita sempre più stressante e vuota e breve.
Il capannone dei cittadini è sempre più sporco e malato, impersonale, e ci becchiamo fra noi nelle gabbiette per conquistare un centimetro quadrato extra, senza aver mai nemmeno visto il cielo.
I capponi di Renzo almeno avevano vissuto qualcosa prima di andare a morire.
Noi ormai siamo costretti a una non esistenza, in cui puoi solo mangiare o dormire, e l’alternativa è solo fra produrre uova o produrre carne, nient’altro.
E chi gestisce l’allevamento intensivo ci vive dentro a sua volta, e ha i privilegi dei kapò, che al pollo magari sembrano tanti ma sono niente.
Ma vivere una vita folle porta necessariamente, prima o poi, a un crollo.
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Nel leggere, e con tutto il più profondo rispetto per i baristi (o baRRisti come si diRRebbe a Firenze), mi domandavo se con
l’autore si rierisse a quel tizio famoso delle banche whateverittakes, quello che “le statue di Einaudi e De Gasperi si inchinano al suo cospetto mentre cammina nei meandri dei palazzacci a Roma (Quirinale escluso, però, hehehehehe)…
«È lui o non è lui?» Chissà? 🤔
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«…l’autore si “rierisse”…» ovviamente è “riFerisse”…
Accidenti all’impossibilità di editare i commenti inviati per correggerli. 😡😤
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