(Massimo Gramellini – corriere.it) – In molti sono rimasti sorpresi dalla foto che ritrae Carlo Calenda mentre tiene amorevolmente in braccio Ulysse, figlio di una deputata del suo partito. Confesso di averci messo un po’ di tempo a capire quale dei due fosse il bambino. Alla fine, sono andato per esclusione: i bebè non indossano le polo blu. Scherzo, la foto è bella, si direbbe persino spontanea, e lo sguardo di Calenda rassicurante e protettivo: da padre o da sindaco (un lavoro in cui, secondo me, avrebbe dato il meglio di sé).

Rimane la curiosità sulle ragioni di tanto stupore. Forse perché Calenda è un maschio? Nel 2023, spererei di no. O perché è Calenda? Ma l’ex ministro non è mica una belva turbocapitalista incapace di sentimenti umani. Ha sempre coltivato un suo senso della tenerezza fin dai tempi dello sceneggiato «Cuore», quando prestava la faccia allo scolaro Enrico Bottini, il più irritante buono della letteratura italiana, detestato da Umberto Eco che gli preferiva Franti, il Renzi di allora. Il carattere è il nostro destino, diceva Erodoto, ed è il carattere ad avere sempre messo nei guai il mite Calenda, alimentando quella fama di «fumino» a corrente alternata che lo ha inseguito dalla Ferrari a Bruxelles e dal governo al Parlamento.

Ma davanti a un bebè così dolce e – considerata la crisi delle nascite – così raro, persino per Calenda è impossibile perdere le staffe. A meno che, dietro Ulysse, dal cavallo di Troia spunti il solito Matteo e gli morda una mano.