
(di Michele Serra – repubblica.it) – Che cosa ci fa il moderato Zaia sullo stesso palco di Marine Le Pen? E perché mai il medesimo Zaia sventola il bandierone dell’autonomismo veneto sullo stesso palco del nazionalista Matteo Salvini?
Come possono gli Zaia, i Fedriga, i Giorgetti, che se la passano da pacati nordisti dediti al pragmatismo e alla buona amministrazione, stare dentro questa Lega senza proferire verbo, senza pretendere un congresso, senza avere mai chiesto la testa del leader che alle ultime politiche ha dimezzato (dimezzato!) i voti del partito e ancora pontifica davanti al prato di Pontida mezzo vuoto?
La Lega di Salvini è l’estrema destra di questo Paese. Lo è nelle parole, negli atteggiamenti, nelle alleanze europee. Lo è abbastanza incredibilmente, visto che quello spazio politico, almeno in teoria, dovrebbe essere coperto dal partito della fiamma, erede del neofascismo. Eppure dire che Salvini è a destra di Meloni è un dato di fatto.
Poiché chi tace acconsente, i succitati “moderati” Zaia, Fedriga, Giorgetti sono dunque esponenti consenzienti di un partito di estrema destra. Se possono stare comodi, dentro questo clamoroso equivoco, è anche perché il clima mediatico li avvantaggia.
Legioni di giornalisti e di conduttori televisivi si occupano delle divisioni, delle lacerazioni, delle incoerenze del Pd e del centrosinistra. Al cui cospetto il palco di Pontida è un esempio sesquipedale di incoerenza messa a tacere, e sorridente.
Ma se ne parla, e se ne scrive, cento volte di meno. Senza scomodare l’egemonia culturale (concetto troppo impegnativo), l’egemonia mediatica, da molti anni, è di destra.
I “moderati” della Lega possono tirare un sospiro di sollievo: ben pochi chiederanno conto del loro opportunismo.
Certo nel 2023 ancora questi troglos di giussano con l’ ampollina miracolosa ma roba da mago otelma povera Italia 🤔
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