(Giuseppe Di Maio) – A opprimere più della calura estiva sono state le sparate di alcuni filosofi destrorsi balzati agli onori dei dibattiti per farci dimenticare il vuoto di governo in cui è sprofondata l’Italia dal 26 settembre dell’anno scorso. Ne citerò un paio che appartengono a coloro che non hanno incarichi politici: un certo Vannacci, generale di divisione dei paracadutisti, e Giambruno, più famoso per essere il compagno dell’attuale premier. Questi due hanno dato l’abbrivio ad un intenso battibeccare che ha dato filo da torcere al pensiero democratico nostrano.

Il primo, tra le tante libertà dissequestrate dall’egemonia di destra, ha rivendicato la “libertà di odiare”, facendo naufragare del tutto qualche sprovveduto che già annaspava tra le contraddizioni delle libertà democratiche. Per fortuna non erano molti. I più se la sono cavata col solito galleggiante generico e buonista; solo qualcuno ha risolto la faccenda con l’obbligo costituzionale di non poter odiare liberamente, specie per chi ricopre una funzione della Repubblica. Nell’Italietta confusa e disperata a nessuno è venuto in mente che l’odio non è un’idea, ma un sentimento, e che perciò non appartiene alla libertà delle espressioni politiche.

Poi è stata la volta del “libero consenso” scatenato dalla sortita del giornalista Mediaset Giambruno. Qui il mondo del femminismo ha bollito più del solito prodigandosi nel tratteggiare ad esempio l’asimmetria delle condizioni maschile e femminile che fa dell’uomo un soggetto sempre pericoloso e condannabile. L’ala sinistra della falange femminista invece ha infilato il convincimento che la libertà del consenso è compromessa dalla condizione in cui è stato espresso, insomma che non c’è libertà se la condizione sociale della consenziente è subalterna e oppressa.

Ma allora ogni male della nostra società è riconducibile alla precondizione che lo ha generato o solo permesso. Perché mai, allora, la minuziosità delle disquisizioni che riguardano il corpo delle donne non si trasferiscono ad esempio in quelle che riguardano la salute del lavoratore? Perché non si parla del mobbing tanto quanto si parla delle molestie sessuali? Sono del tutto persuaso dell’uso politico del corpo della donna, ma sono anche convinto che essa ne faccia uso e strumento della sua personale lotta di classe. Perciò, sorge spontanea la domanda: qual è per le femministe un felice approccio amoroso? Come mai a parità di comportamenti quello di uno è molesto e quello di un altro è legittimo? E perché ciò che ieri era spiacevole oggi è desiderabile?