Il Paese è sempre più diviso, frammentato, polarizzato. Ma al contempo nella sua interezza è inviso allo Stato e, a sua volta, profondamente contro lo Stato

(Giulio Gambino – tpi.it) – L’Italia è sempre di più spaccata a metà. Da un lato c’è un Paese che non arriva a fine mese, oltre 5 milioni di italiani disoccupati, perciò poveri, sprovvisti di un qualsiasi reddito con cui poter affrontare le spese di prima necessità, come quelle alimentari, per i bambini e i medicinali: una fetta sostanziale della popolazione che vive in un’area del nord del mondo in condizioni da sud del mondo.
Dall’altra c’è invece una nazione perlopiù ricca, conservatrice per natura, dotata di liquidità attiva o dormiente e di uno o più immobili di proprietà, la quale per metà (un contribuente su due) dichiara al fisco meno di 17.800 euro l’anno, mentre appena duecentomila italiani (sui 41 milioni totali) dichiarano sopra i 150mila euro l’anno e solamente 40mila (circa la metà di uno stadio gremito) oltre i 300mila.
Questi numeri dovrebbero far rabbrividire al solo pensiero per due motivi: 1. Sono 20,5 milioni gli italiani che dichiarano di vivere con 1.100/.1300 euro al mese. Il che, dinnanzi ai costi della vita in costante crescita da ormai un anno, è quasi matematicamente impossibile, specie nelle medie e grandi città; 2. Non solo i poveri hanno paura di essere poveri, in Italia: anche i ricchi hanno timone a dirsi ricchi.
È lo specchio di un Paese sempre più diviso, frammentato, polarizzato. Ma che al contempo nella sua interezza è inviso allo Stato e, a sua volta, profondamente contro lo Stato.
Da una parte chi si sente in colpa per essere povero, umiliato per essere stato aiutato grazie al reddito di cittadinanza, e poi definitivamente calpestato e dimenticato da una classe dirigente che disdegna il sostegno quasi che questo costituisse il fallimento della vita (furbetti del reddito a parte).
Dall’altra, furbetti dell’evasione a parte, chi contribuisce al fisco in minima parte e si nasconde ormai sistematicamente per paura che il “pizzo di stato” (Meloni dixit) diventi un giorno “patrimoniale di Stato”, sottraendo alla comunità ciò che invero gioverebbe a loro stessi nell’interesse del Paese che abitano.
Ciò che oggi di più impressiona, anche fra un ceto abbiente e mediamente istruito, è dunque la più totale mancanza di fiducia nei confronti Stato, nelle sue forme di controllo e di potere, nel suo funzionamento, nella sua giustizia, anche quando quest’ultimo è sotto il controllo pressoché totale del più radicale governo di destra in termini di politiche economiche e sociali.
Senza considerare che chi elude il fisco, spesso e volentieri, è anche chi poi pretende e usufruisce di servizi pubblici finanziati grazie solo ad una parte dei contribuenti: il più delle volte non la loro.
Ogni anno si stima che il mancato introito delle tasse da parte di tutti i contribuenti italiani, nelle modalità e nelle somme dovute, corrisponda a circa 100 miliardi di euro.
Solo così possiamo spiegare e giustificare il boom dei “servizi” privati tout court – in qualsiasi campo, attività e ambito, ancor meglio se estremamente di lusso e se in nero – valvola di sfogo di quei 100 miliardi sottratti al fisco. Perché non tassati, appunto. E quindi percepiti come risparmio.
Questo è il motivo per cui ancora troppe volte ci sorprendiamo e non riusciamo a spiegarci come mai, nonostante la crisi, i ristoranti siano pieni e gli hotel pure; e al contempo come mai, nonostante l’Italia sia un Paese occidentale e ricco, milioni di italiani non arrivino a fine mese e abbiano bisogno di essere aiutati.
Da queste due forti pulsioni il governo è spinto: diviso tra il popolo del reddito e quello del fisco, tra il consenso popolare e le promesse elettorali da mantenere. Inutile dire da quale parte cada la bilancia. Buona estate.
I ricchi, quelli veri, penso non ci sia bisogno di fare nomi…, non fuggono dallo politica, bensì – fondamentalmente – legiferano con i loro amici. Perché, così non fosse, l’elusione fiscale, una sorta di evasione legalizzata, non esisterebbe, come non esisterebbero i “paradisi fiscali”.
Mi sovviene la frase che un gran Signore, con la esse maiuscola, nonché giudice del ns. Paese, Imposimato (RIP), pronunciò parlando delle grandi opere, in modo specifico della TAV, sul rapporto Stato/mafia. A grandi linee il concetto fu questo, pronunciato PUBBLICAMENTE in una conferenza: “la mafia per ottenere gli appalti non entrava in contrasto con lo Stato, semplicemente faceva un accordo. Nessun rapporto conflittuale tra la criminalità organizzata e istituzioni”. Ecco, un concetto analogo si potrebbe esprimere quando si parla di grandissimi imprenditori. Non è che lo Stato cerca di limitarne l’evasione bensì volentieri l’agevola. Perché i voti li chiedono ai cittadini (“popolino”?), però i soldi, quelli veri (finanziamenti e non…), arrivano da altre parti.
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Ed è proprio così. Infatti, la politica negli USA vede i miliardari americani che contribuiscono per circa il 60% alle ingentissime spese. Stupidi i poveri che non si mettono insieme e non cacciano 10 dollari l’uno per tirare su un presidente che pensi a loro.
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Fosse così facile…
I Presidenti – in US soprattutto – hanno ben poco margine di potere. Anche i super presidenti come Macron, che forse in Occidente è quello a cui la Costituzione concede di più.
Il potere è sempre stato diviso in tanti potentati: gerarchie religiose, esercito, finanza, tuycoon, notabili, sindacati, grandi industrie , associazioni, editori…ogni governo è sempre stato una oligarchia.
I capipopolo hanno sempre fatto una veloce fine.
Qualcuno forse pensa che Hitler e Mussolini sono sorti da un giorno all’altro per ” meriti” propri?
Senza l’appoggio di grandi Paesi che li hanno sostenuti e delle religioni che li hanno legittimati ( ricordate l’ Uomo della Provvidenza e il vero e primo innamoramento degli US nei confronti di Mussolini, per non parlare dell’appoggio al Nazismo in funzione anticomunista, e dei media che hanno manipolato la popolazione) entrambi sarebbero stati solo oscuri giornalisti o pittori di terza fascia.
È tutto molto più complicato di come a qualcuno sembra. Sono sempre state le oligarchie a governare gli stati. E continuano a farlo.
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Non conosco dettagliatamente la situazione degli States ma ho sempre avuto un pensiero decisamente più attiguo all’utente Carolina. Non è questione di “complottismi” ovviamente, però credo che, in tutto il mondo, i veri “padroni” siano quelli da “li beli braghi bianchi” e non… “poveracci” eletti dal popolo, altrimenti tante situazioni di sottomissione politica verso i gruppi di potere non si spiegherebbero. Domanda: perché fare gl’interessi di pochi a discapito della collettività? Vogliamo parlare del Morandi o di una tragedia epocale, ormai dimentica, come fu il Vajont? Un intero paesino venne cancellato dalla faccia della terra, quando TUTTI gli abitanti della vallata, anche il meno scolarizzato, sapevano quanto fosse pericoloso costruire una diga lì dove uno dei monti veniva chiamato “Toc” (cadere a pezzi o, secondo altra versione, fatto di due pezzi). E, difatti, Toc franò milioni di metri cubi nell’invaso… Chi ha pagato per quelle decisioni scellerate, tranne le solite pedine? Il nome di un solo industriale o politico. E per il Morandi si concluderà analogamente, mentre la maggioranza degli italiani nemmeno sa del VERGOGNOSO contratto che lo Stato sottoscrisse con i concessionari, tutto sbilanciato a favore di questi ultimi (sentenza della Corte dei Conti, ovviamente ben tacitata da tutti i media).
D’altra parte nel parlamento (come in altre nazioni, sia ben chiaro) esiste la saletta dei lobbisti, ben protetta da sguardi e orecchie indiscrete e non quella “degli operai”, dove i politici possano incontrare normali cittadini o loro rappresentanti. Poi che vogliano far passare certe situazioni come “normali”, anzi persino democratiche, beh rientra nel classico gioco tra carnefice e vittima dove il torturatore, prima di dare il colpo di grazia alla vittima, lo medica e rassicura. Quello che mi stupisce siamo NOI, ovvero il popolo che dalla storia non impara nulla, quindi “el pueblo unido jamas serà vencido” rimarrà sempre una canzone. Saluti.
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Ci avviciniamo ai tempi delle marie antoniette e dei luigi in salsa italiota
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