Rincari nei lidi e flop di presenze, il presidente dei balneari di Lecce e titolare della struttura Maldive del Salento spiega il nuovo trend

(di Antonio Della Rocca – corriere.it) – La Puglia e il Salento stanno svoltando sempre più verso il turismo di lusso, a cominciare dai lidi. «Aveva ragione Briatore quando, parlando del Salento, diceva che per attrarre i turisti ricchi servono strutture di alto livello. Presto sarà pronto il progetto grazie al quale il mio lido balneare farà un salto di qualità per posizionarsi, come tanti altri da noi, su un livello superiore e, di conseguenza, punteremo ad un target più alto», dice Vito Vergine, titolare del noto lido Maldive del Salento, a Pescoluse, e presidente del Sindacato italiano balneari di Lecce.
Vito Vergine, posizionarsi su una fascia superiore significherà anche praticare prezzi più alti.
«Indubbiamente, anche se per quanto riguarda il mio lido, il fatto di avere tanti ombrelloni, mi consentirà di fare ritocchi minimi alle tariffe».
Perché questa scelta?
«Noi dobbiamo assecondare il mercato e le attività turistiche strutturate lo faranno senza esitazioni. Anche io lo avrei fatto prima se avessi avuto la capacità finanziaria. Abbiamo rinviato per una serie di ragioni, ma faremo questo passo perché ci piace fare qualità e realizzare quello che abbiamo sempre predicato da decenni, cioè che il Salento merita di essere rispettato. No al turismo che aggredisce le nostre risorse naturalistiche, no al turismo di massa».
La fascia media, costituita dalle famiglie, non sarà penalizzata?
«La fascia media, che prima ci dava ossigeno, si sta depauperando, va sempre più restringendosi. Noi per poter sopravvivere dobbiamo per forza puntare su un target più elevato. Bisogna considerare anche che il nostro territorio è fragile, non può sopportare una pressione antropica eccessiva. Le nostre spiagge sono strette rispetto a quelle della riviera romagnola dove si possono sistemare cinquanta file di ombrelloni, contro le nostre cinque, massimo otto file. Queste spiagge fragili e piccole vanno offerte in una maniera adeguata a chi se lo può permettere. Non è un discorso cinico. Questo passaggio va fatto e non per colpa nostra, ma per le dinamiche di mercato».
Non crede che in questo modo gli stabilimenti balneari diventeranno inaccessibili ad una larga fascia di popolazione?
«Ci saranno lidi con prezzi più bassi e ci sono poi sempre le spiagge libere che sarebbe un bene se venissero sporcate di meno. Basta dare uno sguardo accanto ai nostri lidi per vedere cosa lascia la gente. Un ombrellone rotto me lo hanno lasciato in un cestino del bar. Comunque le strutture di eccellenza non sono alla portata di tutti».
Si può parlare di una tendenza più o meno diffusa, in Puglia, verso la trasformazione dei lidi in strutture di lusso?
«Sì, abbiamo già stabilimenti di buon livello e delle punte di eccellenza, ma si va in quella direzione».
È l’utenza che chiede più servizi di alto livello?
«Chi viene negli stabilimenti di eccellenza lo fa per scelta. Sa cosa vuole e sceglie in funzione delle sue preferenze. Noi percepiamo tutto questo e nel rispetto delle norme edilizie e delle prescrizioni ambientali, ci adeguiamo. Succede che un cliente arriva e ti chiede lo champagne e noi dobbiamo rispondere anche a quel tipo di richiesta. La nostra strategia scaturisce comunque dall’analisi della situazione sociale. Chi si diverte a puntare il dito contro di noi, non ha capito che siamo continuamente sulla graticola. Per offrire un certo tipo di servizi l’azienda deve avere una certa dimensione. Non si può pretendere di offrire quantità e qualità se hai una concessione su sessanta metri di arenile. Sarebbe come fare un albergo a cinque stelle con sole dieci camere che dovrebbero poi essere vendute a prezzi altissimi, inaccessibili. La sostenibilità del progetto dipende anche dalla capacità di generare flussi finanziari».
Aveva ragione Flavio Briatore quando, parlando del Salento, diceva che se si vogliono i turisti ricchi occorrono strutture di alto livello?
«Sì, sono d’accordo. Ma vorrei dire che il nostro, a mio giudizio, è un percorso obbligato, perché dobbiamo fare i conti con un territorio estremamente delicato e spiagge larghe pochi metri. Abbiamo un patrimonio naturalistico eccezionale. È chiaro che un territorio con queste caratteristiche deve selezionare i flussi turistici. E questo lo si fa puntando sulla qualità».
In Puglia, però, appena fuori dallo stabilimento di lusso si rischia di imbattersi in una discarica abusiva, le strade sono spesso dissestate e con cumuli di rifiuti.
«Questo è vero. È un problema concreto che non è mai stato risolto. Purtroppo, come tanti altri prima di me hanno detto, è una questione culturale che non si risolve neppure insegnando l’educazione civica ai bambini a scuola, se i loro genitori sono i primi a dare il cattivo esempio».
Puglia, i prezzi choc delle spiagge: una puccia 26 euro, una frisella 16. Così i turisti vengono spennati
A Vieste, Capitolo e Gallipoli non solo il caro ombrelloni e lettini: dal parcheggio a otto euro all’insalata da 24, viaggio (carissimo) in tre mete-simbolo dell’estate.

(di Antonio Della Rocca, Enrico Filotico, Luca Pernice – corriere.it) – Una puccia a 26 euro, per una frisella si paga anche 16 euro. Non solo ombrelloni e lettini in spiaggia, i rincari si fanno sentire pure nei bar e ristoranti degli stabilimenti balneari. E i turisti, soprattutto quelli provenienti da Campania e Lazio (ma anche i baresi che da sempre scelgono il Salento), disertano la Puglia e preferiscono mete più economiche come Grecia e Albania. Dal Gargano al Salento ecco un viaggio del Corriere del Mezzogiorno alla scoperta dei prezzi praticati su tre litorali simbolo.
Partiamo dall’area barese. Nelle spiagge di Capitolo (Monopoli) una frisella può costare fino a 19 euro. I più fortunati la trovano anche a 16, nello stesso posto in cui una puccia però costa 26 euro. In un supermercato nel centro di Bari un pacco di friselle integrali con 15 pezzi costa 2,50 euro. La classica insalatona, invece, tocca quota 20 euro. Con la burrata 24. Sono i numeri della lunga estate costosissima pugliese. Nei lidi a Capitolo una giornata di mare non può costare meno di 100 euro a testa. Se lo stipendio non è alto, il mare ce lo si può godere solo nella ressa.
Il parcheggio a 8 euro, almeno 40 per il pranzo
Il viaggio parte dal lido Bambù, passa per Losciale e Sabbiadoro, poi termina nello stabilimento Le Macchie. Quattro menù differenti tutti con lo stesso minimo comune denominatore: prezzi faraonici. Per capire quella che dovrebbe essere la giornata tipo, bisogna cominciare dal parcheggio. Mai più economico di 5 euro, in alcuni casi si arriva a sette. Una di queste strutture addirittura prevede un tariffario di 8 euro. Una volta alla porta, il primo grande investimento di giornata: un ombrellone e due lettini partono da 60 euro. In alta stagione, anche 150 euro. Il servizio è eccellente, s’intende. I materassi sono spessi come quelli dei letti matrimoniali. Una soluzione imposta, considerato che o così o in un lembo di terra risicato di spiaggia libera. Dal caffè all’aperitivo, comincia il salasso. Se bevuto in ghiaccio, il caffè costa 50 centesimi in più. La bevanda formato espresso servita calda può variare da 1,50 a 2 euro. Una bottiglietta d’acqua da mezzo litro mai sotto 1,50. Più frequente a 2 euro. Il pranzo è il momento più pesante della giornata.
Preso il menù più economico dei quattro lidi ed individuate le pietanze dal prezzo medio, impossibile andare sotto i 40 euro per antipasto, primo, contorno e dolce. Esclusa quindi la seconda portata e bevanda, sia questa birra o vino. Una stima che, dunque, lambisce una cifra tra i 55 e 60 euro a persona. Moltiplicata per quattro, sommata all’ingresso e al parcheggio, ecco una giornata che supera con le 100 euro giornaliere a testa. Non va meglio però per chi opta per qualcosa di più light, le pucce o le friselle. Per 19 euro, si legge sui menù, ecco una frisella con datterino giallo e rosso, basilico, barattino (un tipo di cetriolo), cipolla rossa e mozzarella. Tre euro in meno per lo stesso alimento condito con alici, primo sale, origano e pomodoro. I 26 euro per una puccia anche paiono eccessivi, nonostante nel menù il piatto sembrerebbe ben accompagnato. Rimane il dubbio se una frittatina alle erbe e un club sandwich di accompagnamento rendano giustizia al prezzo.
Nel Salento «piccoli ritocchi»
I concessionari delle spiagge salentine ammettono «piccoli ritocchi» al rialzo dei prezzi di cibi e bevande nei bar e nei ristoranti degli stabilimenti balneari. Aumenti, dicono, dovuti alle forniture più care a causa dell’inflazione. Al Lido San Giovanni di Gallipoli, il listino, fanno sapere i gestori, è rimasto pressoché immutato rispetto all’estate dello scorso anno. Pochi rincari sul food and beverage, limitati solo ai prodotti che hanno subito aumenti alla produzione e che, inevitabilmente, si ripercuotono sull’intera filiera fino al consumatore finale. A determinare il rialzo dei prezzi sarebbero, tra l’altro, i costi degli imballaggi e dei contenitori in plastica. Nel lido gallipolino il caffè caldo costa 1,50 euro, una bottiglietta d’acqua minerale 1,50 euro, una Coca-Cola 2,50 euro, un pezzo di rosticceria 2,50 euro.
Sempre a Gallipoli, al lido Bikini Beach, i prezzi sono più o meno gli stessi: caffè servito al tavolo 1,50 euro; bottiglietta di acqua minerale 1,50 euro; crema caffè 2.50 euro; birre 4 euro; cornetto 2 euro; pasticciotto 1,50 euro; granita 2 euro. A Marina di Pescoluse, il lido Maldive del Salento si mantiene pressoché in linea con gli stabilimenti gallipolini. Nella nota spiaggia della costiera meridionale del Salento ionico, il caffè al bar costa 1,50 euro, la bottiglietta d’acqua minerale 1,50 euro.
«Il nostro ristorante offre una grande varietà di piatti a prezzi accessibili che non abbiamo toccato malgrado le spese sempre più gravose, comprese quelle riguardanti le imposte locali», sostiene il gestore del lido, Vito Vergine. Nel suo stabilimento vengono proposti piatti con prodotti provenienti da agricoltura biologica, tra cui ortaggi e frutta. Un piatto di orecchiette con le cime di rape costa 10 euro, la pasta fatta in casa con cozze e vongole viene servita a 15 euro, la lasagna a 8 euro, la focaccia a 6 euro, la frisa con pomodorini e aromi mediterranei a 4 euro.
Sul Gargano un primo con frutti di mare a 20 euro
Sul Gargano, infine, bisogna mettere mani al portafogli se si vuole prendere una pizza – una margherita parte da 7 euro – o un primo a base di pesce, un piatto di troccoli ai frutti di mare costa non meno di 20 euro. Da Vieste a Rodi Garganico i rincari si fanno sentire soprattutto nella ristorazione. Nei vari menù offerti dagli stabilimenti balneari della costa viestana si parte dalle classiche orecchiette al pomodoro – con un costo medio di 8 euro – ai quadroni farciti con cernia, pistacchio e crema di gamberoni che si aggira intorno ai 23 euro. Per i secondi di pesce si va dai sedici euro per una spigola alla griglia ai 25 della grigliata mista. Per un litro di vino sfuso si spende in media dieci euro, mentre per gli astemi un litro di acqua costa un euro e cinquanta. «I rincari – spiega un ristoratore di Vieste – sono in linea con quelli di tutta Italia».
Certo il briatore del Salento può vederla pure come il suo idolo ma, in caso di un malaugurato temporalone, uno di quelli come ne succedono di questi tempi, non vorrei essere costretto a intervenire con i miei soldi, dalla spiaggia libera, per contribuire a risarcirlo dei danni!
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A milano , una pizza in centro in locale da ceto medio costa non meno di 15 Euro . perche’ pensare che debba costare di meno in Salentoi?
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