Tutto il popolo del web si è scagliato contro di lui giudicandolo classista, vegliardo, stronzo. Ebbene io a queste persone voglio dire solamente una cosa: siete ipocriti

STEFANO RAPONE – editorialedomani.it) – In questi giorni è esplosa una polemica nei confronti del personaggio di Alain Elkann che ha espresso il suo disagio per una serie di situazioni poco piacevoli accadutegli durante un viaggio in treno. Tutto il popolo del web si è scagliato contro di lui giudicandolo classista, vegliardo, stronzo. Ebbene io a queste persone voglio dire solamente una cosa: ipocriti.
Alain Elkann è il miglior compagno di viaggio che chiunque di noi possa mai desiderare di incontrare in treno. Ma andiamo per ordine: tutti noi abbiamo preso un treno almeno una volta nella vita. Chi occasionalmente per raggiungere luoghi di villeggiatura, chi per lunghi viaggi di lavoro, i più sfortunati di noi lo prendono quotidianamente facendo i pendolari.
Da persona che viaggia regolarmente e quindi costretta a stare in luoghi chiusi con altri esseri umani, sento di poter fare senza timore di smentita questa affermazione: viaggiare in treno non è mai piacevole. C’è spesso calca, i sedili sono scomodi e le pagine più orribili della storia del Novecento sono legate all’essere fatti salire su un treno o alla sua puntualità. Eppure Alain Elkann ha preso un treno. Poteva prendere un jet privato (i soldi non gli mancano) o fare una videochiamata con i potenti mezzi che il suo denaro gli permette (videofonini, fax) e invece lui ha coraggiosamente scelto di utilizzare l’alta velocità.
Per andare dove poi? A Foggia. Nessuno va volentieri a Foggia, mai. Nemmeno i foggiani. E non lo dico io, ma i foggiani stessi: Pio e Amedeo sono di Foggia eppure ne sono scappati, come raccontano nella canzone popolare Fuggi da Foggia.
Renzo Arbore è di Foggia, eppure da sempre si spaccia per napoletano. Padre Pio era stato mandato a Foggia, ma scrisse al padre provinciale di essere mandato a San Giovanni Rotondo perché, a suo dire, Gesù gli avrebbe assicurato che là sarebbe stato meglio (Epistolario, 4 voll. Corrispondenza con i direttori spirituali, 1910-1922, pag. 798).
Eppure dove andava Alain Elkann? A Foggia. Questo ricco signore anziano ha deciso di mettere a repentaglio la propria vita recandosi in prima persona verso quella che le cronache recenti ci dipingono come una delle principali destinazioni dimenticate da Dio. E non è neanche stato incauto, ma lo ha fatto con tutte le precauzioni del caso: andando in business class.
LA BUSINESS CLASS
Certo, potrebbe essere considerato classista. Ma dove dovrebbe andare un businessman se non in business class, sentiamo? A spalare carbone su una locomotiva scagliata a bomba contro l’ingiustizia? Ma non scherziamo.
La business class non è il male. La business class è quel timido miraggio di oasi felice per cui le persone che viaggiano per lavoro pagano una cifra maggiorata rispetto al biglietto regolare (comunque meno del prezzo di un tatuaggio del proprio figlio neonato sul polpaccio) per avere un ambiente il più possibile sereno, dove poter lavorare senza che capitino quelle spiacevolezze che di solito accadono quando si è a contatto con altre persone in luoghi chiusi (di solito: cani che abbaiano, bambini che piangono, partorienti che espellono bambini che piangono mentre uomini di mezza età ascoltano a tutto volume video di coreani che spremono eczemi su TikTok).
Per cui, ricapitolando: da un lato abbiamo il buon Elkann, che umilmente prende un treno di linea, col suo biglietto stampato con cura su un foglio A4 da mostrare prontamente al controllore, intento a farsi i fatti suoi senza voler dare il benché minimo fastidio al prossimo e anzi, magari pure ben disposto a darti un buongiorno e un buonasera di cortesia. Il passeggero perfetto, che tutti vorremmo avere accanto in un lungo viaggio verso Foggia.
Dall’altro un manipolo di maranza tatuati venuti dal nord pronti a concupire coi loro membri padani delle giovani donne pugliesi. Il peggior tipo di persona da trovarsi davanti non solo in uno scompartimento, ma nella vita.
E chi abbiamo deciso di mettere alla gogna? Il primo, colpevole solo di aver dipinto i secondi come un esploratore avrebbe descritto dei bonobo intenti a lanciarsi delle feci. Tutte considerazioni che sfido qualunque lettore di Repubblica nelle stesse condizioni a non fare. Alain Elkann ha solo avuto il coraggio di metterlo per iscritto e consegnarlo alle stampe, con quell’incoscienza e quel candore che solo i folli e i visionari hanno.
E invece gli è stato dato del classista e del figlio di papà, assolvendo implicitamente un manipolo di debosciati anch’essi ricchi, anch’essi figli di papà (chi gliel’ha pagata la business class? Dove hanno preso i soldi dei tatuaggi?) che ben pensavano di fare di uno scompartimento carne di porco, incuranti degli altri passeggeri dai capelli canuti. A meno che non fossero rapper o trapper, in quel caso ci sta che facciano casino.
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mi sembra un po’ forzata questa difesa d’ufficio , la galanteria ebraica di Alain Elkann , formata dalla lettura del grande Baruch Spinoza, insegna che la civilità comportamentale va ricomposta nella visione di guarda la montagna , se stai sotto la guardi interamente se stai sopra non la puoi vedere intera!
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Quante parole per un uomo di una certa età che si è lamentato del disturbo arrecatogli da quattro cafoncelli di ragazzetti impuniti.
Elkann hai avuto coraggio!
Quanti al tuo posto avrebbero soprasseduto per paura di incorrere proprio in quello in cui sei incorso tu.
E Vaff… tutti sti “palato fine” alla reversa.
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Titolo dell’articolo, “SLURP, SLURP, SLURP. Scusi sua Altezza, le ho sgocciolato sulla scarpa, ora provvederò a pulire”.
Alcuni passaggi dello svolgimento:
…. ” Eppure Alain Elkann ha preso un treno. Poteva prendere un jet privato (i soldi non gli mancano) o fare una videochiamata con i potenti mezzi che il suo denaro gli permette (videofonini, fax) e invece lui ha coraggiosamente scelto di utilizzare l’alta velocità.” Insomma, ci troviamo davanti alla versione 2.0 di “E’ sceso in campo e l’ha fatto per noi”. Lui, povera stella che rinuncia al jet privato è salito sul treno. Caspita, chissà se per andare in Sardegna userà il sottomarino nucleare oppure soffrirà di claustrofobia? Ah, saperlo.
Gentile Stefano Rapone, non se lei ha il vizio di fumare e, nell’eventualità, se ogni tanto ci mette anche il tabacco. Di sicuro una serie di caxxate più grandi sono difficili da leggere. Fantastici due concetti:
“Dall’altro un manipolo di maranza tatuati venuti dal nord pronti a concupire coi loro membri padani delle giovani donne pugliesi. Il peggior tipo di persona da trovarsi davanti non solo in uno scompartimento, ma nella vita.” Ad un concetto vergognoso verrebbe voglia di rispondere: forse sua sorella abita a Foggia? Perché la sua affermazione, appena appena sessista, non è molto distante da quella che un certo giornalista (termine quasi insultante) scrisse a difesa di La Russa junior. Su, Stefano, ci Facci il piacere, rettifichi quella cag*ta pazzesca. Penitenziagite Stefano, penitenziagite.
Seconda cag*ta interstellare: “(chi gliel’ha pagata la business class? Dove hanno preso i soldi dei tatuaggi?)”, gliel’ha pagata lui il Khan El, così da poter scrivere un articolo di emme come quello fatto e per poter dare a lei l’occasione di pigiare, a caso, sulla tastiera. Davvero spiacevole – oltreché inutile – che abbia dovuto sudare, premendo tasti, per partorire una serie simile di corbellerie.
Non avere un pensiero e saperlo esprimere: è questo che fa di qualcuno un giornalista. (Karl Kraus)
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Pinolucino👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻👏🏻
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Rispondo un po’ a tutti quelli che non conoscono Stefano Rapone. È uno stand-up comedian, un comico, uno scrittore di testi comici, ma non solo, per altri. Non è un giornalista e non ha fatto una difesa di “El Can”, l’ha preso per il culo a suo modo
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😆👍🏻
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E sti ¢azzi?🤔
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Stefano Rapone il comico?
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Ma solo io ci ho letto un’ironia (alla Ricky Farina per intenderci), moderatamente gradevole?
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Mi hai spinto a leggere l’articolo ed effettivamente…a tratti, credo e spero che fosse ironico…
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“… e invece lui ha coraggiosamente scelto di utilizzare l’alta velocità…
Per andare dove poi? A Foggia…”
Ma dai! Il mistero è stato svelato. Elkann andava a Vieste invitato da Molinari per un qualcosa organizzato da Repubblica. Come succede in questi casi, gli hanno prenotato un biglietto di prima classe su Italo. Arrivato a destinazione ha raccontato a Sambuca il “coraggioso” viaggio, e il Direttore che si è tanto emozionato gli ha proposto di metterlo nero su bianco per il giornale.
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Tuttoguasto ma un po’ di dolce stil novo no?
“gli ha proposto di metterlo”
Quanta è densa e grassa la fiera del pronome.
Ma un po’ di ripetizioni da Brezza la Badessa?
Ah ah ah !
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e.c. “…. che si è tanto spaventato…”
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Ah ggià, quella gran badessa de tu ‘nonna, era quello er nome de battaja, me ricordo, eccome se me ricordo
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Credo che alcuni di voi non abbiano colto l’intento satirico dell’articolo.
Stefano Rapone è un comico di 36 anni con un tipo di umorismo molto british.
Andate a cercare qualche monologo su YouTube e le sue apparizioni su CCN condotto da Saverio Raimondo e capirete meglio il senso dell’articolo.
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Pezzo buono per chi soffre di stitichezza, come quello pubblicato ieri sullo stesso argomento dal Manifesto. In entrambi, se si voleva fare ironia, lo hanno capito solo gli autori e qualche amico (quindi potevano limitarsi a un SMS); se era una solidarietà come sembra – hanno fatto un bel bidet linguistico al padre di Lapo (quante ne combina Lapo, altro che i ragazzotti del Roma-Foggia!).
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Non gli è stato dato del figlio di papà ma di papà del figlio.
Che sembrerebbe quasi normale ma non è così.
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Stefano Rapone e’ un comico,punto.Il pezzo fa parte della sua comicita’ particolare.Per capirlo basta guardare nel programma Gialappa’s show il personaggio portavoce del Governo che interpreta.Bravissimo.
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Tra i tanti commenti sarcastici fioriti in ogni dove contro il povero meschino snob, scelto quello su IFQ:
Grandi risate di scherno su Alain Ellkann che ha preso un treno ed è rimasto orripilato dalla varia umanità con cui sua altezza suprema si è dovuto confrontare: il re e la plebe. Dopo sono fiorite le barzellette.E questa è una:Alain Ellkan va in Provenza per una breve vacanza. Alloggia in un bellissimo residence accanto a un convento sulla collina di Marsiglia, la città marittima dove pullula il vizio: prostitute, droga gioco d’azzardo, cinema porno, spogliarelliste, massaggiatrici.E’ sera: il tempo di sistemare le valige ed Elkann esce per andare a cena in qualche ristorantino del porto ma perde la strada e si ritrova in una zona malfamata. Eccolo lì davanti a una luce rossa quando una ragazza si sporge dalla finestra e gli fa: “Ehi tu, sì, tu, con quella cartella di cuoio marrone e il vestito stazzonato di lino blu. Ti andrebbe una notte di follie per 300 euro?” Elkann corre via spaventato. Ma vede un’altra ragazza sotto un lampione che gli dice la stessa cosa: “Ti andrebbe una notte di follie per 300 euro?” Elkann scappa di nuovo lungo viottoli bui e la stessa domanda gli viene fatta da ogni finestra e da ogni lampione. Finalmente trova la strada del ritorno e torna sulla collina, ma sbaglia bussa al convento. Gli apre la madre superiora: “Cosa vuoi, figliolo?” E lui, confuso: “Per favore, madre, mi dica, devo saperlo: cos’è una notte di follie?” E la madre superiora: “300 euro, figliolo, come giù al porto”.
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