Alain Elkann, il racconto del suo viaggio in treno da Roma a Foggia è già un meme. Uno sfoggio di boomerismo e classismo

(di Luigi Lupo – true-news.it) – Il racconto del viaggio di Alain Elkann da Roma a Foggia è già un meme. Il giornalista e scrittore se ne esce oggi su Repubblica, di cui la sua famiglia è proprietaria, con un pezzo imbarazzante, cringe, se vogliamo mantenerci giovani. Il titolo è “Sul treno per Foggia con i giovani lanzichenecchi” e, già leggendo il riferimento ai portatori manzoniani della peste, viene da ridere. O da mettersi le mani nei capelli.

L’incipit dell’articolo

Ecco l’incipit: “Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni”. Poi, dopo aver descritto l’abbigliamento dei suoi vicini di posto, tiene a precisare che tutti “avevano un iPhone in mano” e, soprattutto, “erano tutti tatuati e senza orologio”. Caratteristiche che, per il  nobile e borghese Alain, che presumiamo abbia uno smartphone se non proprio un iphone, sembrano indicare teppisti o gente poco meritevole di sedergli accanto.

Alain Elkann, lo sfoggio di boomerismo e classismo

Ma lo sfoggio di boomerismo e di classismo militante continua quando Alain elenca le sue attività durante il viaggio mentre i ragazzi parlano  “come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno”. Scrive il barone Elkann: “Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di RepubblicaStavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Che fine intellettuale! Lontano anni luce da quei ragazzi che – mettetevi comodi – all’età di 16 o 17 anni  scambiano opinioni sulle ragazze in treno e si preparano, con foga e goliardia, a una vacanza estiva.

Gentaglia da non frequentare per il nostro Elkann che, per darsi ancora di più un tono, sfoggia una penna stilografica. E aggiunge: “Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi”.  Che poi cominciano a parlare di come trovare e agganciare ragazze. Una chiacchierata che urta la sensibilità del fine lettore di Proust: “Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust. Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo”.

Che peccato: nessuno dei ragazzi si rende conto di avere vicino un luminare del giornalismo, una persona, appunto, di “un altro mondo”. “Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome”.

Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”

Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi”

Un gruppo di ragazzi poco educati e un signore con i capelli bianchi che usa carta e penna, legge Proust e i giornali in inglese protagonisti di questo racconto d’estate di Alain Elkann

(di Alain Elkann – repubblica.it) – Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni.

T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio.

Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.

Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni.

Intanto il treno, era arrivato a Caserta. Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento. Pensavo di aver sbagliato treno, ma invece è così. Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi.

A un certo punto, poco dopo Benevento, mentre erano sempre seduti o quasi sdraiati ai loro posti, ammassando nei vari cestini per la carta straccia lattine di Coca Cola o tè freddo, uno di loro ha detto: «Non è che dobbiamo stare soli di sera: andiamo a cercare ragazze nei night».

Un altro ragazzo più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile ha detto: «Macché night! Credetemi, ho esperienza. Bisogna beccare le ragazze in spiaggia e poi la sera portarle fuori e provarci. La spiaggia è il posto più figo e sicuro per beccare».

Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust. Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo.

Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi.

Per loro chi era costui?

Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla.

Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento?

Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome.

“Siamo nel 2023 e ancora facciamo viaggiare Alain Elkann sui treni con i poveri ma che ca**o di paese siamo?”, “La pvima classe pullula di popolani”: le reazioni social all’articolo dello scrittore

“Siamo nel 2023 e ancora facciamo viaggiare Alain Elkann sui treni con i poveri ma che ca**o di paese siamo?”, “La pvima classe pullula di popolani”: le reazioni social all’articolo dello scrittore

L’articolessa finita su Repubblica, in cui il papà del padrone del quotidiano medesimo descrive con fastidio un gruppo di adolescenti seduti in prima classe di fianco a lui sul treno Italo, che lo ha portato da Roma a Foggia, ha suscitato su Twitter reazioni di dilagante ilarità come di riflessioni argute e costruttive

(di Davide Turrini – ilfattoquotidiano.it) – L’intemerata classista di Alain Elkann contro i “lanzichenecchi” è diventata presto virale. L’articolessa finita su Repubblica, in cui il papà del padrone del quotidiano medesimo descrive con fastidio un gruppo di adolescenti seduti in prima classe di fianco a lui sul treno Italo, che lo ha portato da Roma a Foggia, ha suscitato su Twitter reazioni di dilagante ilarità come di riflessioni argute e costruttive.

Lo scrittore Paolo Nori si muove sulla falsariga kunderiana della leggerezza dell’essere e fa sapere che ha approfittato, un po’ come si faceva nella redazione di Cuore con i libri di Eugenio Scalfari, “delle circostanze per pesare Vita di Moravia, di Alain Elkann (eran degli anni che non lo facevo). Pesa 810 grammi”. La durezza del vivere, account del giornalista Sergio Giraldo, ha accostato i nobili fastidi del casato piemontese grazie ad un semplice ma evocativo cambio di consonanti: “Alain Elkann mentve si appvesta a saive sul tveno pev Foggia, che nonostante, la pvima classe pullula di popolani”.

Anche la citazione su dove gli adolescenti troverebbero ragazze da rimorchiare (“al night”) ha riportato alla mente di molti twittatori una sublime citazione da Il Secondo tragico Fantozzi con l’avventura del protagonista e dei colleghi Calboni e Filini proprio in quei terrificanti night di una volta. Pierantonio Luceri ci ricorda del resto che “i ragazzi sul treno con Alain Elkann hanno già postato sui social le foto della serata al night”. E giù di Fantozzi e Filini dal film di Salce. L’account di Simone Farè porta alla nostra attenzione invece una considerazione lapalissiana: “Alain Elkann sarà anche classista e snob e pure un po’ fenomeno a leggere Proust mentre scrive a penna sul suo diario, ma la cosa che mi colpisce di più è che con tutta sta cultura scrive articoli con lo stile dei temi delle medie”. Vero. Ottima notazione. La prosa elkanniana è davvero povera, scarna, come scavata da qualche zelante, e spiritoso, impaginatore di Repubblica.

La scrittrice Letizia Pezzali aggiunge una sorta di deduzione illuminante: “Comunque l’episodio Elkann dimostra che la scrittura un potere ce l’ha. Ok, magari non quello che pensavi tu, ma ce l’ha. Ha più potere della persona di potere”. Il docente del Dams di Bologna, Luca Barra, chiosa non senza ragione proprio sul quel conflitto classista socio-culturale evocato da Elkann nel testo a favore di un ragionamento di ricambio generazionale: “Mieli su Zaky. Elkann sul suo treno. O di come ci sia una classe “culturale” che è lì ferma all’apice dai primi anni Novanta, e sta lì ancora, inamovibile. E di come siano queste scelte e inerzie a rendere il “giornalismo” sempre più irrilevante e ridicolo, mica solo il digitale”. L’account @stopaltelevoto si pone comunque un interrogativo probabilmente dovuto alla distrazione di qualche plebea e distratta segretaria: “La cosa veramente sconvolgente è che alain elkann non abbia i soldi per comprare il posto in club executive e quindi debba poi romperci il cazzo così”. Premio al mister Wolf di Twitter, tal @cicciorosina che giustamente lamenta l’arretratezza del nostro paese in materia di rigide divisioni di classe: “Siamo nel 2023 e ancora facciamo viaggiare alain elkann sui treni con i poveri ma che cazzo di paese siamo?”.