(Massimo Gramellini – corriere.it) – Dopo che l’ennesimo turista per caso ha autografato un mattoncino del Colosseo, la direttrice del parco archeologico ha ammesso che, dei venticinquemila portatori insani di telefono che ogni giorno lo invadono, la stragrande maggioranza non ha la minima idea di che cosa sia l’Anfiteatro Flavio e vi si reca soltanto per scattare selfie. Non sanno dove sono, eppure vogliono far sapere a tutti che ci sono. Ma non è del rincoglionimento, fenomeno non meno globale del riscaldamento, che intendo parlare in questa sede. Vorrei occuparmi, pensate un po’, di democrazia. Siamo sicuri che il turismo di massa sia democratico? È democratico che un povero possa godere della cultura quanto un ricco. Ma è democratico che un turista minimamente consapevole, cioè uno che prima di visitarlo ha almeno letto la voce «Colosseo» su Google, debba condividere lo spazio con dei passanti che scambiano i monumenti storici per i gabinetti dell’autogrill?

Una selezione ottenuta alzando il prezzo del biglietto sarebbe, quella sì, antidemocratica (senza contare che oggi la ricchezza abbonda spesso nelle tasche degli stolti). La mia modesta proposta è di sottoporre gli aspiranti visitatori a un piccolo quiz. Che cos’è il Colosseo: a) un centro commerciale bombardato; b) un anfiteatro del I secolo; c) il nuovo stadio della Roma?

La metà dei turisti, e mi tengo stretto, resterebbe fuori (ma le farei pagare il biglietto lo stesso).