“BORDERLINE” – Soldi facili per il gruppo di giovani grazie ai like. Indagato Matteo Di Pietro, alla guida della Lamborghini. Milioni di visualizzazioni e sponsor per le “challenge”: sfide idiote […]

(DI SELVAGGIA LUCARELLI – ilfattoquotidiano.it) – È molto difficile non far prevalere la rabbia e scrivere qualcosa di lucido sull’incidente di Casal Palocco. È difficile perché “TheBorderline”, ovvero quei quattro youtuber giovanissimi (alla guida c’era Matteo, 20 anni, al momento l’unico indagato) non erano su quell’automobile di grossa cilindrata per uno spostamento di routine o per andare a una cena o al supermercato. La loro era una challenge, ovvero una sfida lanciata sul canale YouTube “TheBorderline” seguito da 600mila iscritti, in buona parte bambini affascinati, appunto, dalle sfide idiote che i Borderline lanciavano e che documentavano attraverso dei video caricati sul loro canale. Le visualizzazioni erano milioni, c’erano inserzioni pubblicitarie e sponsor, i guadagni – benché i ragazzi dicessero “non siamo ricchi” – dovevano essere notevoli. Questa challenge, nello specifico, consisteva nel vivere per 50 ore nel Suv Lamborghini Urus senza mai scendere dalla macchina e portare a termine alcune missioni. Quando è avvenuta la tragedia erano al secondo giorno di sfida, quindi la notte precedente avevano dormito in macchina non si sa per quante ore e in che condizioni (il guidatore è risultato positivo alla cannabis). Sia chiaro: le dinamiche dell’incidente non sono ancora definite e si leggono versioni differenti. Chi parla di un sorpasso, chi di guida contromano. Le responsabilità, se ci sono, verranno accertate, per ora tutto quello che si può fare è cercare di capire cosa stessero facendo quei ragazzi, su una Lamborghini, fuori da un asilo e cosa fosse la challenge che stavano preparando, ovvero “Vivo 50 ore in una Lamborghini Urus”.

Ho guardato i precedenti video caricati su youtube, quelli in cui i “The Borderline” vivevano 50 ore in automobili varie, dalla 500 alla Tesla e, mi dispiace dirlo, ma suonava tutto terribilmente profetico. Matteo, il ragazzo che è sempre alla guida nelle challenge e che ha fondato il canale “TheBorderline”, guida per ore senza che qualcuno prenda mai il suo posto e ride continuamente della sfida estrema. “Sono esausto”, “Sono distrutto”, dice ammiccando alla telecamera che riprende le maratone automobilistiche in giro per Roma e per tutta Italia, da nord a sud.

Perché per esempio una sfida consiste nel dover andare in 8 ore da Roma a Milano a stringere la mano a un amico e poi continuare a vivere e dormire in macchina per le 42 ore restanti. Nella challenge “Vivo 50 ore in macchina” i ragazzi devono andare a Milano e poi attraversare tre Stati diversi oltre all’Italia, per dire. Matteo guida in autostrada e in città parlando continuamente alla videocamera alla sua destra e distraendosi. Documenta come a mezzanotte continuino a girare per un’ora in città, esausti, perché non trovano un posto in cui parcheggiare e dormire. Matteo si riprende con i sedili abbassati mentre prova a dormire nei parcheggi di un distributore di benzina o altrove, fa vedere che sono le quattro del mattino ed è ancora sveglio, per poi rimettersi alla guida alle sette, ridendo con gli amici di quanto sia faticosa la challenge. Sulla Tesla, addirittura, i ragazzi si riprendono mentre installano l’autopilota su una strada a doppia corsia che parrebbe la Pontina, mostrandosi spaventati, a velocità piuttosto sostenuta, perché non l’hanno mai provato. Addirittura Matteo mangia un panino mentre la macchina va da sola. Nel frattempo invitano gli iscritti al loro canale a mettere “like” perché se arriveranno a 100 mila mi piace, faranno la stessa challenge ma sul Suv Lamborghini Urus.

Purtroppo, grazie a quei like, la Lamborghini l’hanno noleggiata, e poi abbiamo visto come è finita. Tutto questo per realizzare visualizzazioni che su Youtube si trasformano in guadagni. Soldi facili, verrebbe da dire, ma più che altro soldi stupidi e in questo caso pericolosi. Perché era evidente che qualcosa, prima o poi, sarebbe potuto accadere. E questo anche non infrangendo il Codice della strada. Bastano la stanchezza, i riflessi appannati, uno sguardo di troppo alla telecamera, il clima di esaltazione per la challenge da portare a termine.

Uno dei ragazzi, Vito, ieri si è subito preoccupato di scrivere su Instagram: “Il trauma che sto provando è indescrivibile, non guidavo io”. Già scarica le colpe sull’amico che chiamava “fratello”, come se non fosse evidente anche agli altri che guidare per 50 ore in quello stato, dormendo poco o nulla, magari facendosi una canna, fosse pericoloso. Sia chiaro, quei 4 ragazzi non volevano uccidere. Tra l’altro, anche loro hanno rischiato di morire. Sono vittime di una vacuità diffusa su YouTube e TikTok, in particolare. Della mancanza di uno scopo diverso dal macinare like e denaro alzando ogni giorno l’asticella dell’idiozia, della sfida più becera, della povertà di idee e di traguardi. Si può tentare di capire, ma è difficile provare compassione perché mai, nei video che ho visto, c’era l’attimo di tentennamento di chi dice “siamo stanchi, è pericoloso, fermiamoci”. Anzi, la stanchezza e il pericolo sono esattamente il motore dei like, tanto che molti dei loro video hanno le parole “Estremo” “Sopravvivenza” “Pericolo” nel titolo. Peccato che questa volta la challenge estrema sia andata oltre e sia morto un bambino. E la sfida, questa volta, non durerà 50 ore, ma il tempo necessario per elaborare il senso di colpa: una vita intera, probabilmente.